Luoghi dell’incomunicabilità
Louis è uno scrittore malato che torna a casa dopo 12 anni d’assenza per annunciare la sua morte alla propria famiglia. Il suo ritorno inaspettato scatenerà una serie di dinamiche emotive all’interno del nucleo familiare difficili da tenere sotto controllo.
Xavier Dolan accompagna il protagonista all’interno dell’ universo narrativo di È solo la fine del mondo usando una serie d’immagini e citazioni che rimandano esplicitamente ai suoi precedenti film: Louis percorre in auto una strada analoga a quella percorsa da Diane e Steve in Mommy e incrocia gli sguardi di persone comuni come nei titoli di testa di Laurence Anyways. È l’arrivo di uno estraneo in un mondo che non gli appartiene anche se rappresenta, allo stesso tempo, il suo punto d’origine. L’incontro con la famiglia è teso: sulla soglia della porta, Louis vede la sorella minore ed entusiasta Suzanne; lo scontroso fratello Antoine; la dolce e timida Catherine, moglie di Antoine, e per ultima l’eccentrica madre ricalcata sulla protagonista del precedente Mommy. I dialoghi sono volutamente inconsistenti e traducono l’impossibilità comunicativa dei personaggi: l’unica in grado di capire lo stato d’animo di Louis è Catherine, senza l’uso del linguaggio, ma con un lungo ed intenso scambio di sguardi. Dolan si concentra sulle dinamiche familiari, sulla tensione emotiva che percorre i personaggi e accentua il pessimismo sul fatto di non riuscire in nessun modo a comunicare i propri sentimenti ai propri cari. Il nucleo familiare viene a configurarsi come il luogo dell’incomunicabilità emotiva. Il tempo è un altro elemento che ricopre un ruolo fondamentale nel film e viene più volte ribadito visivamente nel film. L’orologio a pendolo apre l’inizio del racconto e lo chiude segnando la fine del tempo a disposizione per Louis. Louis sa di non avere altro tempo, di non avere un’altra occasione per poter parlare alla sua famiglia, eppure rimanda continuamente il momento della verità; gli altri componenti, invece, hanno una concezione del tempo lineare e duraturo, ma pretendono che Louis spieghi immediatamente le motivazioni del suo ritorno. Due tempi e due concezioni inconciliabili destinate a scontrarsi senza capirsi. L’unica in grado di mediare tra i due punti di vista è Catherine che, in disparte, osserva le reazioni dei componenti della famiglia. Con È solo la fine del mondo Dolan riconferma il suo talento e si confronta con un’opera fortemente emotiva e cupa riprendendo il discorso affrontato in Tom à la ferme, in cui l’incomunicabilità familiare sfociava nella violenza. Al contrario, qui l’impossibilità comunicativa è data dai limiti stessi del linguaggio verbale incapace di trasmettere i sentimenti che vengono veicolati visivamente attraverso le inquadrature e l’utilizzo della musica in funzione emotiva, da sempre cifra stilista del regista.
È solo la fine del mondo [Juste la fin du monde, Canada/Francia 2016] REGIA Xavier Dolan.
CAST Nathalie Baye, Vincent Cassel, Gaspard Ulliel, Léa Seydoux, Marion Cotillard.
SCENEGGIATURA Xavier Dolan (tratta dall’omonima piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce). FOTOGRAFIA André Turpin. MUSICHE Gabriel Yared.
Drammatico, durata 97 minuti.