54. Viennale – Vienna International Film Festival, 20 ottobre – 2 novembre 2016, Vienna
Humans, after all
“Una cricca di giovani teppisti”. La storia dei Daft Punk inizia così, con una infelice e poco lungimirante recensione che il gruppo parigino formato da Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter trasformerà – come loro solito – in oro. Dal 1993 quello dei Daft Punk diventa un marchio indelebile della musica elettronica, techno e acid house.
Il compito del documentario Daft Punk Unchained non è facile: occorre riassumere 20 mitologici anni di carriera, mentre il progetto del dinamico duo continua ad evolversi, modificando non solo il futuro ma riscrivendo anche in parte un nebuloso passato mal archiviato (i video in cui suonavano coi Darlin’, alcuni frammenti delle loro dichiarazioni nel momento del primo riconoscimento internazionale). Il regista Hervé Martin-Delpierre mescola il materiale a disposizione partendo dalla convenzionalità delle interviste e del found footage, ma concedendosi libertà estetiche post-moderne nei frame di raccordo fra un aneddoto e l’altro. Perché prima di tutto Daft Punk Unchained è un film alla ricerca di una aneddottica “credibile”, che renda plausibile l’incontro fra mito e realtà: dai ricordi di Michel Gondry, che sostiene che la nascita degli imprescindibili caschi derivi dalla realizzazione del video di Around the World (problema: pochi soldi a disposizione e la volontà di creare degli automi danzanti; soluzione: una tuta, dei caschi da motocicletta con applicate delle antenne), alla testimonianza di Nile Rodgers, che strimpellando alcune note alla chitarra ha gettato casualmente le basi per Get Lucky. Ma quello di Martin-Delpierre è anche un film di interventi faccia a faccia con la cinepresa, con testimonianze spesso acute – Leiji Matsumoto, Pete Tong, Pharrell Williams e Giorgio Moroder, che contribuiscono ad aggiungere pezzi al mosaico – e a volte sciocche e ridicole – la solenne banalità di Kanye West, ripreso con evidente intento canzonatorio nel backstage di un concerto. Considerando che i due componenti della band fanno il possibile e l’impossibile per alimentare l’alone di leggenda attorno al loro lavoro (tutti i filmati di Guy-Manuel e Thomas risalgono a prima del 2000, anno in cui hanno definitivamente scelto di “trasformarsi” in robot, approfittando del Millennium Bug), a Daft Punk Unchained non si può chiedere troppo, e in fondo ne siamo felici: buona parte dell’enigma risiede nello spirito ludico della coppia, sorta di presa in giro di loro stessi e dell’universo global/social. I robot devono rimanere robot, fino alle estreme conseguenze: come la cerimonia dei Grammy 2014 , trionfo impossibile da esprimere a parole, vista la nuova natura “androide” del gruppo. Per mantenere la loro umanità ora i Daft Punk devono proseguire il proprio processo di disumanizzazione; e noi dobbiamo – coenianamente – “accettare il mistero” e le regole del gioco.
Daft Punk Unchained [Id., Francia/Gran Bretagna 2015] REGIA Hervé Martin-Delpierre.
SOGGETTO Hervé Martin-Delpierre, Marina Rozenman. MONTAGGIO Hervé Martin-Delpierre. MUSICHE Joseph Trapanese.
Documentario, durata 85 minuti.