2° Presente Italiano – Il cinema che non ti aspetti, 8 – 16 ottobre 2016, Pistoia
L’estetica del dettaglio
Sono costruite attraverso l’accumulazione di dettagli, le sponde del film di Irene Dionisio. Da una parte una Sicilia arida e incasellata in un’idea di comunità che perde pezzi senza nemmeno accorgersene, dall’altra una Tunisia paradossalmente fredda che risente fortemente dei residui del periodo post Primavera araba. In particolare, a tentare di rappresentare più propriamente questi ambienti, sono le due città che si fanno parte per il tutto: Lampedusa a nord, Zarzis a sud.
A ritrarre l’essenza di questi luoghi sono poi i due protagonisti, o meglio, le loro parole e i loro racconti: Mohsen, postino e scultore, che è costretto a seppellire un corpo respinto dal mare, e Vincenzo, becchino che si trova nello stesso momento a dover adempiere il medesimo triste compito. I due uomini, quasi per darsi la forza necessaria ad andare avanti, iniziano a scriversi, facendo nascere così una sincera amicizia. Parlavamo dunque di dettagli proprio perché sono alla fine questi a raccontarci le loro storie; gli oggetti, i primi piani, la quotidianità del vivere. È come se ogni elemento all’interno dell’inquadratura fosse sempre scelto per rimandare all’idea che possa in qualche modo far parte della vita di tutti i giorni, che possa insomma essere manipolato direttamente. E la grammatica filmica ci dice soprattutto questo: il dettaglio è una porzione di spazio, spesso una parte, quasi mai un tutto. E allora ci accorgiamo che anche le lettere che Vincenzo e Mohsen si inviano per comunicare sono dettagli. O meglio, sono i contenitori dei dettagli delle loro esistenze in quel preciso momento. Sono i particolari raccoglitori dei loro tranci di emozione. Tutto intorno a loro c’è invece una massa che spinge e arretra allo stesso tempo, perché alternativamente accetta e non accetta il fatto che questi due esseri umani si occupino con tanto affetto e devozione della sepoltura dei loro simili. Illogico e inspiegabile, assurdo e incomprensibile è semplicemente il naturale contraddirsi dell’universale che si esprime con i suoi propri mezzi. Sì, perché quello che meglio riesce a trasmetterci il documentario di Dionisio è proprio come nel particolare (leggesi dettaglio) risieda un’idea di coerenza sconosciuta a ciò che invece viene compreso nell’universale. In definitiva rimane però un po’ di rammarico in quanto la bellezza e l’intensità del racconto cedono qualcosa sul piano della fantasia espressiva. Quello che emerge da tutta la composizione è infatti una vicenda che non si poteva raccontare diversamente, ma che avrebbe potuto disporsi con meno geometrica asciuttezza. Ma la sponda, d’altronde, è un margine che può essere rilevato o meno: il suo limite, purtroppo, non sempre è da tutti percepibile allo stesso modo.
Sponde. Nel sicuro sole del nord [id., Italia/Francia 2015] REGIA Irene Dionisio.
SOGGETTO Irene Dionisio. FOTOGRAFIA Francesca Cirilli. MUSICHE Gabriele Concas, Matteo Marini.
Documentario, durata 60 minuti.