SPECIALE WERNER HERZOG
Il marcio
L’ambizione, la follia, l’autoconvinzione, la crisi dell’uomo moderno: questo è My Son, My Son, What Have Ye Done, di Werner Herzog. Un film singolare nella cinematografia del regista tedesco, figlio di un periodo storico strano ma soprattutto del produttore David Lynch.
Herzog parte dalla morte del sogno americano, e dalla paura di essere attaccati anche dal vicino più insospettabile. Infarcisce il tutto con la descrizione del filo rosso che lega la pazzia alla razionalità, cosa che nei nostri tristi giorni è sempre più presente. Si ispira al suo produttore sia per la splendida prova dell’attrice feticcio Grace Zabriskie, che per l’ambientazione grottesca e i personaggi stralunati e “mostruosi” che abitano la vicenda. La follia dell’uomo comune che spinto dalla voglia di trasportare nella realtà le proprie ossessioni capitola senza speranza. L’incapacità di capire e giustificare del mondo esterno, che giudica e etichetta senza pensarci tanto. Herzog ci mostra gli incubi della civiltà statunitense che ormai sospetta di tutto e tutti, senza ammettere di sapere che i propri nemici non nascono dal nulla. Nascono dall’odio, dalle restrizioni, dai divieti sia legali che di libero arbitrio. Certo, il protagonista Brad non è da giustificare o “capire”, ma la sua follia germina dal marcio che lo circonda. L’evoluzione e la spiegazione del percorso che porta un uomo ad uccidere barbaramente la propria madre è analizzato come se si volesse tracciare una mappa di un ipotetico viaggio nella psiche umana, fatto di ostacoli e difficoltà. Una messinscena semplice, con una casa assediata dalla polizia e al suo interno un criminale. Herzog continua il suo percorso tra le contraddizioni che da sempre sono presenti nel suo cinema: in questo caso denuncia tra l’altro la pericolosità del teatro nelle personalità fragili. Il corso di teatro come scintilla scatenante del rimosso e della consapevolezza dei propri sentimenti, e così si mescolano i piani d’azione. L’arte nobile della recitazione come un’arma pericolosa se non controllata e riportata alla realtà. Mettersi a nudo e conoscersi può essere sconsigliabile a chi fa dell’ambizione un suo dogma. La macchina da presa registra quasi come se fossimo in un reportage giornalistico, ma Herzog accompagna lo spettatore idealizzando la realtà con una fotografia allucinata e volutamente kitsch come le abitazioni del quartiere in cui vive Brad. Si sorride in alcuni passaggi, ma è un riso tinto di orrore e angoscia. E alla fine non abbiamo capito niente, o poco.
My Son, My Son, What Have Ye Done [id., USA/Germania 2009] REGIA Werner Herzog.
CAST Michael Shannon, Willem Dafoe, Chloë Sevigny, Udo Kier, Grace Zabriskie.
SCENEGGIATURA Herbert Golder, Werner Herzog. FOTOGRAFIA Peter Zeitlinger. MUSICHE Ernst Reijseger.
Drammatico/Thriller, durata 91 minuti.