Un passo in avanti
Nel bel mezzo del deserto sta per avvenire un matrimonio, ma Mike, tiratore scelto dei marines, ha il solo compito di uccidere con un colpo ben piazzato un presunto terrorista. Esita a lungo, viene scoperto e fugge assieme a Tommy tra le dune. I due si ritrovano in mezzo a un campo minato: Tommy cade subito nella trappola mentre Mike riesce a fermarsi un attimo prima di sollevare il piede. Resta così, immobile, in attesa dei soccorsi.
Una, due, cento mine pronte a esplodere nella vita di un ragazzo divenuto uomo troppo presto, precocemente svezzato da un padre violento, eternamente innamorato di una madre schiava e incapace di liberarsi dei fantasmi di un’infanzia negata. Per una strana distrazione del cervello e perché i due registi, che si firmano Fabio e Fabio, sono italiani, alla cassa del Multiplex viene da chiedere un biglietto per “mine” e non per “main” (ovvero in italiano “mio”). Il titolo corretto è il secondo ed è l’unico dei due capace di aprire fin da subito una doppia via interpretativa: stiamo parlando di oggetti esplosivi o di tutto ciò che appartiene a qualcuno (in questo caso a Mike)? Geograficamente siamo più nel terreno di Solaris che in quello di Buried – Sepolto nonostante il plot preveda un uomo obbligato all’immobilità, in balìa degli eventi e in attesa dell’arrivo della cavalleria. Siamo nella science-fiction desertica, in un non-luogo che è iper-luogo cioè insieme di proiezioni immateriali di un unico corpo-nazione. Ci troviamo in una bolla affollata di ricordi dove immagini, suoni e piani temporali bombardano lo spettatore senza soluzione di continuità, con l’intento apparente di confonderlo ma con la speranza, dichiarata solo nella parte finale, che si senta parte del gigantesco conflitto interiore del protagonista. Il passo in avanti che Mike non riesce a fare è legato alla paura di trasformarsi nell’uomo che non vuole essere e che troppe volte ha visto riflesso negli occhi del padre alcolizzato. Ma se questo, come altri luoghi comuni talmente americani che solo due italiani potevano pensare di utilizzarli nel 2016, prevede un’adesione totale ad una finzione a tratti grottesca (senza la quale il film si sgretola tra le mani piene di pop corn), dall’altra parte c’è qualcosa di originale, che colpisce basso, ripetutamente, lasciandoci vittime di emozioni antiche, di catastrofi interiori. Con Mine il cinema scava alla ricerca delle ferite che l’occhio non può vedere.
Mine [id., USA/Italia/Spagna 2016] REGIA Fabio Guaglione, Fabio Resinaro.
CAST Armie Hammer, Annabelle Wallis, Tom Cullen, Juliet Aubrey, Geoff Bell.
SCENEGGIATURA Fabio Guaglione, Fabio Resinaro. FOTOGRAFIA Sergi Vilanova. MUSICHE Luca Balboni.
Thriller, durata 106 minuti.