SPECIALE WERNER HERZOG
La schiavitù del cuore umano
Per Herzog, girare Cobra Verde, come molti sanno, fu un travaglio in piena regola. Il rapporto con Klaus Kinski era in fase di rottura e le continue lamentele dell’attore tedesco sul set fecero rallentare le riprese rendendo estremamente complessa l’intera operazione. Il fatto è che questo film fu complicatissimo soprattutto per la gestione delle molte comparse utilizzate: Kinski con le sue bizze spezzava il ritmo di una lavorazione – soprattutto sul piano della direzione attoriale – già molto articolata di per sé.
Ma paradossalmente la sua forza viene proprio dalla distanza che si era venuta a creare tra il regista e il suo attore feticcio: la macchina da presa sembra infatti prendere le distanze dal Francisco Manoel da Silva interpretato da Kinski, ed è come se cercasse in qualche modo di fluttuargli accanto, alle volte di ostacolarlo, altre ancora di guardarlo diritto negli occhi come a lanciargli una sfida. Si delinea in questo modo un personaggio insofferente, ma diverso da quelli interpretati precedentemente con Herzog: è come se Kinski vagasse per tutto il film veramente senza una precisa meta e senza un obiettivo. Se però da una parte il lavoro sull’attore acquista forse quasi involontariamente spessore, dall’altra si costruisce un’opera imprecisa e non molto compatta, dove si prova a procedere per accumulo, mostrando un’infinità di corpi che perdono forza non perché siano tanti ma bensì perché non si riesce a percepirli come massa. È chiaro che Cobra Verde sia un film sulla schiavitù: in questa direzione sarebbe stato adeguato comporre con più arguzia l’agglomerato simbolico che doveva farne le veci. Molto più efficace si dimostra allora quando l’essenziale emerge agli occhi e irrobustisce improvvisamente la struttura di questo stesso simbolismo: una delle ultime sequenze ci mostra un Kinski impotente di fronte all’imbarcazione che tenta di trascinare in mare mentre è osservato da un nero affetto da poliomelite che cerca di raggiungerlo. È il naturale esercizio di stile che però riesce a dire sull’aberrazione del servaggio più di qualsiasi scena che preveda un affastellamento di corpi. Ed è una delle dimostrazioni di potenza più assolute del cinema di Herzog, un cinema che ha sempre pensato la schiavitù come un elemento del cuore umano e che ha spesso saputo, con una specificità accecante, far emergere un miraggio, un’impossibilità o un sogno a occhi aperti per poterli così plasmare rendendoli ogni volta il veicolo per l’irrealizzabile espiazione di colpe avvilenti e di romantici malesseri interiori.
Cobra Verde [id., Germania Ovest 1987] REGIA Werner Herzog.
CAST Klaus Kinski, King Ampaw, José Lewgoy, Salvatore Basile, Peter Berling.
SCENEGGIATURA Werner Herzog. FOTOGRAFIA Viktor Ruzicka. MUSICHE Popol Vuh.
Avventura/Drammatico, durata 111 minuti.