Nostalgia del benessere e animali antropomorfi
L’animazione americana per adulti, per anni trainata da Adult Swim (quindi Cartoon Network), potrebbe trovare nuova linfa vitale in Netflix, il colosso del video on-demand che sta riscuotendo un inaspettato successo con la miglior serie su un cavallo antropomorfo che soffre di depressione.
BoJack (che vanta la voce di uno straordinario Will Arnett) è un Hank Moody senza talento, in astinenza da successo dopo l’ubriacatura degli anni Novanta, quando ancora bastava esser simpatici per bucare lo schermo e diventare gli eroi di qualche sciocca sitcom. Sessuomane senza charme, nichilista ma non colto, BoJack diventa facilmente l’icona della nostalgia per un tempo più semplice, del benessere che abbiamo perduto e di chi proprio non vuole rimboccarsi le maniche nonostante la sua agente (e amante di scorta, la gatta Princess Carolyn) riesca a offrirgli notevoli opportunità di lavoro. Il protagonista non fa altro che attaccarsi al passato e raccontarlo alla sua biografa, nella speranza che pubblicare un libro di memorie edulcorate possa aiutarlo a essere nuovamente amato. Ciò accadeva due stagioni fa, quando BoJack Horseman era ancora uno show strambo, che convinceva solo alcuni e riceveva recensioni discordanti. Ora, dopo due stagioni in cui BoJack ha pubblicato il suo libro, posto le basi per un grande ritorno come protagonista in un film, ha quasi fatto sesso con la figlia minorenne della sua amata, preso a pugni il suo collega col cancro, rubato la “D” di Hollywood, ecc., la terza stagione è rilasciata in blocco su Netflix e i pareri sono più che mai allineati: BoJack Horseman è uno degli show più interessanti e meglio scritti degli ultimi anni. Il successo è dietro l’angolo ma niente paura: BoJack continuerà a soffrire come sempre perché, come gli dice l’anziana madre al telefono, “Sei nato storto (…) Sei BoJack Horseman e non c’è cura per questo male”. Un buon sceneggiatore sa essere spietato coi propri personaggi, ciò è particolarmente vero nei prodotti di animazione perché manca l’intermediazione dell’attore e i creatori possono sfogarsi come meglio credono sulle proprie creature, pur dimostrando di dare grande importanza alla loro “tridimensionalità”. È così che assistiamo a una potente serie di alti e bassi, di tragedie personali giustapposte a gag sciocche che alimentano la macchina tragicomica e dissacrante di BoJack Horseman, impensabile per qualsiasi prodotto live action. È davvero difficile immaginare un film o una serie televisiva dove un anziano J.D. Salinger produce per la TV il suo quiz sulle celebrità di Hollywood (come accade nella seconda stagione). Ecco perché, in estrema sintesi, BoJack Horseman non è un cartone animato che aspira ai film intimisti, ma un prodotto completo che utilizza in maniera virtuosa la propria natura bidimensionale, non di rado superando tutti i suoi riferimenti cinematografici e televisivi.
BoJack Horseman [id., USA 2014 – in corso] IDEATORE Raphael Bob-Waksberg.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Will Arnett, Amy Sedaris, Alison Brie, Aaron Paul, Paul F. Tompkins.
Animazione/Drammatico/Commedia, durata 25 minuti (episodio), stagioni 3.