Non ti vedo ma ti sento
Una casa isolata, un proprietario cieco e una cifra milionaria nella cassaforte. L’occasione è troppo ghiotta per un trio di ragazzi che vivono di furti in appartamento. Certo l’impresa è un tantino immorale ma, come chiosa serafico Money, “anche se è cieco non vuol dire che è un santo”. E non immagina quanto ha ragione.
Con Man in the Dark, Fede Alvarez rivendica un nuovo debutto, dopo il remake ambizioso de La casa dal quale sostiene di volersi affrancare. Se le mura domestiche tornano protagoniste, in qualità di trappola micidiale, e non mancano i richiami a Raimi, di nuovo in veste di produttore, il risultato merita infatti un’analisi scevra da confronti. Quella che si consuma alla periferia di Detroit è la guerra degli ultimi contro gli ultimi, dei reietti dimenticati, accantonati e lasciati a loro stessi. Con una bambina o un padre a carico, come Rocky e Alex, o con almeno 300.000 dollari di risarcimento, come il reduce della Guerra in Iraq che ha perso una figlia in un incidente d’auto. Davanti al desiderio di riscatto l’etica soccombe senza difficoltà. Al contrario, la vittima prescelta non è affatto propensa a lasciarsi sopraffare, sfoderando una combattività feroce che non tarda a tramutarla in carnefice. Le premesse sono più che sufficienti per innescare un thriller/horror promettente, in cui il presupposto vantaggio della vista si rivela meno scontato davanti all’affinamento di olfatto e udito e all’esperienza del veterano. Don’t Breath ammonisce il titolo originale, lasciando intendere che lo spettatore non sarà l’unico a trattenere il fiato, pena l’individuazione da parte del proprietario. Nello specifico, uno Stephen Lang muscolare e convincente, pronto a calare sulle sue vittime con la sicurezza di un rapace notturno e la collaborazione di un molosso dalla tenacia degna di Cujo. Alvarez si dimostra abile nella costruzione della suspense, con piani sequenza che scandagliano la casa, stuzzicando l’immaginazione con armi occultate e oggetti contundenti. La “caccia al topo” che si scatena, opportunamente, tra soffitte e cantine relega i protagonisti ad anfratti invisibili, costringendoli in posizioni precarie, riflettendo nell’architettura della casa il destino che li attende anche fuori, a esacerbare, se ce ne fosse bisogno, il valore della posta in gioco. Con il protrarsi dell’azione, il film sconta il peso di situazioni prevedibili, fino scivolare in spiegazioni didascaliche che poco aggiungono al mostrato. Ma non risparmia qualche colpo di scena e la critica a una società che mette in luce solo ciò che desidera.
Man in the Dark [Don’t Breath, USA 2016] REGIA Fede Alvarez.
CAST Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Zovatto, Stephen Lang.
SCENEGGIATURA Fede Alvarez, Rodo Sayagues. FOTOGRAFIA Pedro Luque. MUSICHE Roque Baños.
Thriller/Horror, durata 90 minuti.