VENEZIA 73 – IN CONCORSO
Un giorno perfetto
“Che palle, è un film noioso, con troppi dialoghi…”, “Wenders non è più quello di una volta…”: sono questi alcuni dei commenti a Les beaux jours d’Aranjuez, l’ultima fatica di Wim Wenders in concorso a Venezia 73. Ma sono commenti superficiali e aridi che necessitano un approfondimento.
Il passato non torna, si sa, e anche per Wenders è e sarà difficile ritrovare i fasti di Paris Texas. Ma, seppur un film minore, quello presentato a Venezia è un lavoro dignitoso su cui riflettere. Lo “scandalo” concepito da molti di un film fatto quasi esclusivamente di dialoghi non sembra così drammatico, soprattutto vista la matrice teatrale. Certo in alcuni momenti arriva lo sbadiglio, ma è quasi un ritorno alla purezza e all’essenza primaria del Cinema: teatro filmato. Siamo ormai così abituati alla roboante stimolazione di immagini che ogni media ci propina, che non ci fermiamo più a riflettere sul significato dell’espressione. Wenders mette in bocca ai suoi splendidi e generosi interpreti parole e suggestioni che compongono dialoghi quotidiani e per questo a volte anche pedanti e inutili. L’espediente del 3D, visto da alcuni come superfluo, è una caratterizzazione che alla fine quadra il senso del film: un film che sa di lezione di cinema soprattutto per ciò che vuol dire “fare un film”. Si parte dalla tecnologia contemporanea, appunto il 3D, per arrivare all’essenza del dialogo tra i protagonisti. Uno sceneggiatore seduto alla sua scrivania con la fidata macchina da scrivere, una location, gli attori, i movimenti di macchina, la musica diegetica ed extradiegetica, inizio e fine. Intorno a tutto ciò, un mondo che suggerisce l’animo dell’artista folgorato dall’inizio di una nuova opera, il sole e la natura, e che poi si “dispera” a lavoro ultimato, come suggerisce anche la mutazione del clima nel finale. Wenders filma tutto e tutti, riportando lo spettatore alla riscoperta dei dettagli. Si perde nel proprio ego autoriale regalando momenti poetici, vero, ma che utilizzano associazioni ovvie, si guardi all’utilizzo delle mele. Ma è un gesto onesto che può far sognare i fan. E l’entità del tutto può essere comunicata da un semplice quadro, come suggerisce l’ultima sfocata inquadratura. Poi ci sono Nick Cave, Parigi, il tempo che scorre, il taglio documentaristico… Wenders con tutti i suoi pregi e difetti. Un film pretenzioso e noioso? Sì, ma una lezione di un autore che forse gli spettatori in sala non vedranno per colpa della distribuzione, ma che merita di essere capito.
Les beaux jours d’Aranjuez [id., Francia/Germania 2016] REGIA Wim Wenders.
CAST Reda Kateb, Sophie Semin, Nick Cave, Jens Harzer, Peter Handke.
SCENEGGIATURA Peter Handke, Wim Wenders. FOTOGRAFIA Benoit Debie. MONTAGGIO Beatrice Babin.
Drammatico, durata 97 minuti.