Dove va la critica? Ma soprattutto dove va Mediacritica? La nostra prima pubblicazione “ufficiale” risale al 28 febbraio 2011, con uno Speciale “monografico” su Il Grinta dei Coen. In questi 5 anni e mezzo abbiamo fatto molti passi in avanti, indietro, di lato: siamo usciti dal confine della palestra in cui siamo nati e ci siamo – piano piano, sottovoce – confrontati con il mercato dei blog e delle webzine.
Una metamorfosi lenta, filtrata dall’entusiasmo di un gruppo di cinefili cui non sembrava vero di avere per le mani uno strumento così potente e “giusto”. Abbiamo scritto tanto, probabilmente troppo, sommergendo la nostra homepage di recensioni, focus e approfondimenti. Il nuovo layout ci ha permesso di allargare la visuale, di proporre una piattaforma completa in cui perdersi e ritrovarsi fra uno spunto e l’altro. E adesso? Tenere in piedi un giornale dedicato al cinema e ai media non è impresa da poco, soprattutto vista la realtà “fluida” dell’editoria. I siti – di qualunque natura – nascono e muoiono nell’indifferenza generale, o magari dopo aver vissuto “15 minuti di celebrità” ritornano alla nicchia di partenza. C’è chi ha anticipato i tempi: MYmovies col suo taglio pop e la pionieristica idea di proporre un dizionario di cinema on line; Gli Spietati con il saggio articolato e colto, che ha formato uno zoccolo duro di utenti fedeli alla causa; I 400 Calci con l’irresistibile incapacità di prendersi sul serio, in direzione ostinata e contraria rispetto alla seriosità di molte altre realtà. Da un lato loro, esempi massimi di cosa significhi risultare vincenti sul web; dall’altro gli ultimi baluardi cartacei, con il piglio affascinante di chi esercita la professione della critica cinematografica da decenni ribadendo anno dopo anno la propria posizione di rilievo. In mezzo ci siamo noi, e altre decine (centinaia?) di riviste che aggiornano giornalmente la propria vetrina. Ma pubblicare su internet invece che sulla carta stampata non significa in automatico essere “al passo” coi tempi, né possedere il linguaggio giusto: oggi per recensire un film possono bastare i 140 caratteri di un tweet, o i tormentoni dei meme, o addirittura le foto su Instagram. Alla critica forse non servono più neanche le parole, e di fronte a questo paradosso non si può che rimanere paralizzati, indecisi fra lo sdegno (“Signora mia, dove andremo mai a finire…”) e l’abbagliante presa di coscienza. Che ne sarà di noi? Non è dato sapere, ma noi di Mediacritica continuiamo a studiare, ad imparare, a formarci. Perché alla fine, a quell’idea di palestra iniziata nella galassia lontana del 2011 continuiamo ad essere legati. L’allenamento per noi non è finito: che sia proprio questo a tenerci ancora in vita?