Do the Evolution
“L’intero mondo intona un canto, ma abbiamo smesso di ascoltare”. Questo è il pensiero che racchiude la cruda verità su cui fa luce Racing Extinction diretto da Louie Psihoyos, già premio Oscar per The Cove (2009) – atto di denuncia contro il massacro annuale di delfini nel parco nazionale di Taiji in Giappone.
Dietro queste parole si ritrova tutto il senso del sordo antropocentrismo che sta condannando la salute e la sopravvivenza di un intero pianeta e ciò che emerge dal documentario di Psihoyos è l’urgenza di rivedere e ribaltare quest’accezione filosofica del mondo e dell’universo, questa continua tensione a considerare l’uomo come l’unico legittimo proprietario del mondo in cui abita, manipolatore incosciente della natura che lo circonda. La concezione antropocentrica ha attraversato tutta la storia del pensiero e da Socrate è giunta sino a noi, scossa nelle fondamenta dalle teorie di uomini quali Galilei e Darwin. Il pericolo odierno è dato dal fatto che le controversie filosofiche si sono spostate definitivamente sul piano dell’azione e nell’era del dominio tecnologico tali convinzioni, rafforzatesi durante il cammino della nostra cultura e divenute oramai fondamento della nostra società, hanno la capacità di impattare e modificare realmente l’ambiente in cui viviamo. Questo è l’allarme che risuona forte dalle immagini di Racing Extinction – evento andato in onda in contemporanea mondiale su Discovery Channel nel dicembre scorso – e delle immagini il regista ne ha fatto il punto di forza del suo messaggio. Dalle riprese crude e violente rubate nei mercati illegali dell’Indonesia, della Cina o della Thailandia, dove la vendita selvaggia di specie a rischio è giustificata da interessi economici nazionali senza scrupoli e usanze culturali arretrate, alle spettacolari scene girate nelle profondità dell’oceano per ammirare la maestosità delle balene o la sublime danza delle mante. La riflessione sulla forza dell’immagine prende corpo anche nelle foto delle specie animali sull’orlo dell’estinzione scattate da Joel Sartore di National Geographic, per guardare negli occhi quegli ultimi esemplari che rimarranno per sempre a testimoniare il disastro in atto e provare a salvaguardarne almeno la memoria. E ancora, nelle immagini riprese con sofisticate telecamere che rilevano la presenza di anidride carbonica, per mostrare quanto viviamo in un mondo praticamente sommerso da CO2. Per racchiudere infine tutto questo materiale nelle video-installazioni di Travis Threlkel, esperto di tecnologia digitale, proiettandolo con uno spettacolo di suoni e colori sulle facciate dei più famosi edifici, dall’Empire State Building alla Basilica di San Pietro e riportare prepotentemente alle nostre orecchie quel canto che non può più rimanere inascoltato. È sulla scia delle emozioni che l’essere umano attua i più profondi cambiamenti e dunque con la forza emotiva sprigionata dalle immagini, Louie Psihoyos vuole indurci a frenare la corsa verso quella che potrebbe essere la sesta grande estinzione di massa sulla Terra e che già si sta verificando sotto i nostri occhi. Occhi che però sembrano esser divenuti ciechi, ma che si spera possano presto recuperare, grazie anche alla forza del cinema e alla sua duplice funzione di spettacolarizzazione e di denuncia attiva al tempo stesso, uno sguardo più lucido e critico, capace di vedere con chiarezza la necessità urgente di un drastico cambiamento di rotta.
Racing Extinction [id., USA/Hong Kong/Cina/Indonesia/Messico/Gran Bretagna 2015] REGIA Louie Psihoyos.
SOGGETTO Mark Monroe. FOTOGRAFIA John Behrens, Shawn Heinrichs, Sean Kirby, Petr Stepanek. MUSICHE J. Ralph.
Documentario, durata 90 minuti.