Birra, sesso e My Sharona
1981. Dall’arrivo alla nuova residenza collegiale all’inizio delle lezioni, che in realtà sono poco più di tre giorni, Tutti vogliono qualcosa racconta un arco temporale quasi impercettibile nell’economia di una vita, ma in verità lunghissimo per Jake, matricola e nuovo lanciatore della squadra universitaria di baseball.
Le lezioni non si vedono quasi mai, perché il vero mantra sembra essere un altro: birra, figa e baseball. Jake finisce senza tante mediazioni nel vortice goliardico e spensierato della squadra, l’esperienza collegiale del ragazzo si contraddistingue subito per una ricerca instancabile della prossima festa a cui partecipare. Come un branco, il gruppo si muove unito: certamente il fatto di essere una squadra li condiziona, ma il tutto si concentra in un continuo contrasto di competitività e testosterone. Tutti vogliono qualcosa, sotto questa scorza goliardica e divertita, che all’apparenza sembra una pellicola minore di Richard Linklater. In realtà si racconta del delicato passaggio per riuscire a trovare la propria identità. È vero, la triforza a cui tutti i protagonisti si rivolgono (le suddette figa, birra e baseball) potrebbe apparire una forma inibitoria per qualunque problema, un modo per vivere nella spensieratezza del divertimento. Ma la forza camaleontica dei ragazzi – che passano dalla disco al country fino a party con eccentrici artistoidi per il solo bisogno di un continuo divertimento – altro non è che una forma di adattamento che nasconde la reale ricerca di chi ancora non è riuscito a comprendersi. I protagonisti di Tutti vogliono qualcosa ne sono ben consapevoli: il loro stesso affrontare l’argomento coscientemente tra una sfida a ping pong o il tiro di una canna dimostra una volta di più quanto il cinema di Linklater sia un cinema di persone prima ancora che d’immagini. Tutti vogliono qualcosa è una pellicola dialogatissima ma con poche scene madri, che vive sostanzialmente di uno spensierato scorrere del tempo. Le opere precedenti di Linklater mostravano come questo elemento fosse relativo, 12 anni potevano essere racchiusi in due ore come allo stesso modo tre giorni potevano diventare un’esperienza percettivamente lunga anni. La bellezza di Tutti vogliono qualcosa sta nella semplicità di raccontare questo scorrere, senza necessariamente mettere in scena perdite o grandi conquiste. È quasi come se fossimo arrivati a lezione, e la frase motivazionale che il professore ci pone al principio sia al contrario posta alla fine, in cui la morale di una crescita personale non è vissuta come un obiettivo da raggiungere, ma la fine di un percorso esperienziale inconsapevole, in cui il mondo si rivela per quanto più grande è di noi. La squadra di baseball come metafora, con un pool dei migliori talenti dello stato che apre a Jake gli occhi su quanto la sua esperienza fosse limitata, ma non per questo demoralizzante. Tutti vogliono qualcosa o tutti cercano qualcosa? Birra, sport e sesso sono solo gli strumenti di questa ricerca personale che altro forse non è che la semplice ricerca della propria personalissima Sharona.
Tutti vogliono qualcosa [Everybody Wants Some!!, USA 2016] REGIA Richard Linklater.
CAST Blake Jenner, Glenn Powell, Zoey Deutch, J. Quinton Johnson.
SCENEGGIATURA Richard Linklater. FOTOGRAFIA Shane F. Kelly. MONTAGGIO Sandra Adair.
Commedia, durata 119 minuti.
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