“Il male, fatto bene”
Il cielo sopra Berlino è nero pece, qualche timida stella spunta per dare un tocco di poesia alla scena: quattro badass teutonici, una esile ma fascinosa teenager spagnola dagli occhi vispi e scaltri, un romantico tetto inghiottito dalla notte in una anonima periferia berlinese. Ciò che sembra non è, e il cameratismo dei cinque giovani di lì a poco si trasformerà in lungo incubo metropolitano.
Basterebbe l’analisi di poche ma significative sequenze isolate per fare un’attenta radiografia della superba pellicola di Sebastian Schipper, se non fosse che è l’insieme composito in un estenuante one-shot a contare, dall’inizio alla fine. L’ingranaggio narrativo del film, meditato e appassionante, è ciò che maggiormente colpisce, frutto di un sagace virtuosismo stilistico al servizio di un racconto saettante nelle direzioni più disparate: dal dramedy appassionato al più nero crime movie, dal kammerspiel intimista al thriller più frenetico. Nulla di gratuito dunque, nessun narcisismo d’autore, nonostante la tentazione – Iñárritu docet – sarebbe stata davvero ghiotta. E invece il film di Schipper, nominato come miglior pellicola all’European Film Awards, convince proprio in virtù della sua naturalezza e di un’orchestrazione visiva coinvolgente, capace di tenerci avvinghiati alla Canon C-300 utilizzata per le riprese senza stacchi temporali. Victoria non è (solo) il resoconto di una rapina in piano-sequenza, ma un dedalo a cavallo dei generi cinematografici, proprio come le scure vie berlinesi in cui si perde, senza affogare completamente, Victoria, nomen omen, identità sfuggente in cui è racchiuso un destino fatale e irrimediabile a cui si legano, carnefici in apparenza, i quattro individui incrociati fuori da un disco-club. La seguono, la braccano e infine compongono un allegro “special quintet” scorrazzante per le strade notturne della capitale. C’è spazio anche per un romantico interludio tra la spavalda ragazzina e Sonne, leader sornione del gruppo, sbocciato dopo una ballad suonata da Victoria nel bar in cui lavora da pochi mesi. E poi si parte e si corre veloce, senza tregua, dopo che la strana combriccola viene contattata da loschi ceffi per un lavoretto da sbrigare. Prima dell’alba succederà di tutto, in una pellicola che è armonia dei contrasti, come le dita di Victoria delicate sui tasti del piano e sferzanti, poi, quando si tratterà di impugnare una pistola (per colpire, difendersi?). Meglio non svelare altro, in modo da condurre lo spettatore in un viaggio all’inferno di sola andata, lasciando che abbandoni ogni residua speranza abbarbicata alle poche certezze che il film centellina in un meccanismo spietato e ad alta tensione.
Victoria [id., Germania 2015] REGIA Sebastian Schipper.
CAST Laia Costa, Frederick Lau, Franz Rogowski, Max Mauff, Burak Yigit.
SCENEGGIATURA Sebastian Schipper, Olivia Neergaard-Holm, Eike Frederik Schulz. FOTOGRAFIA Sturla Brandth Grøvlen. MUSICHE Nils Frahm.
Thriller, durata 140 minuti.