L’errore di piacersi molto
C’era una volta, e c’è ancora, a Rai 3, un uomo vestito di grigio, un po’ triste, con voce querula e tanti fogli pieni di appunti sulla scrivania. C’era una volta, e ancora c’è, un uomo qualunque che faceva il comico e ora fa il “giornalista” con tanti amici da invitare alla sua corte – si pensi alla costruzione delle puntate del sabato sera con Che fuori tempo che fa, in cui un gruppo di ospiti provenienti dal mondo dello spettacolo, della cultura, dello sport siede intorno ad un tavolo.
Quest’uomo è Fabio Fazio, presentatore di Che tempo che fa, che in onda ormai dal 2003 traghetta il pubblico dalla domenica al lunedì. Scopo di un conduttore/intervistatore dovrebbe essere quello di conoscere meglio qualcosa, mettere anche in difficoltà l’intervistato alla ricerca della verità. Fabio Fazio non fa questo: Che tempo che fa, programma radical chic, è costruito come una serie di incontri parlati tra lui e un personaggio intessendo un certo cliché culturale e sociale (fuori dal coro una volta Luciana Littizzetto, ora perfettamente conforme). Il “giornalismo” di Fazio non è quello scomodo, non mette all’angolo il personaggio di turno, anzi con l’atteggiamento rassicurante e morbido mette a proprio agio chi ha di fronte, come se dicesse: “Non si preoccupi, le farò domande facili”. La differenza principale è la provenienza dell’intervistato: se arriva dal mondo dello spettacolo Fazio si slaccia metaforicamente la cravatta e a seconda del caso si fa più ironico, punzecchiando il soggetto (come capita ad esempio con Vincenzo Salemme), o svenevole di fronte all’attrice di turno (come con Charlize Theron), o estimatore di una qualunque opera pop o di nicchia. Se invece il suo interlocutore è un politico, un uomo di potere, si fa ossequioso, fin troppo rispettoso dell’ospite, cullato con domande quasi preconfezionate. Si prenda ad esempio l’intervista al premier Matteo Renzi, metafora di molte altre, che ci fa capire lo stile di Fazio: tono deferente, al limite del servilismo, parola d’ordine piaggeria. Nonostante la scenografia innalzi il conduttore al di sopra del politico, Fazio fa poche domande, brevi e poco incisive. Lascia parlare l’interlocutore senza interromperlo, lo aveva fatto anche con Silvio Berlusconi e orgogliosamente lo aveva sottolineato, come vanto, come uno scolaro con l’insegnante. Primo della classe che “compita” in modo corretto, ma tutto si ferma qui, non incalza con domande al vetriolo, e, proprio per la sua “formazione”, è più spalla che abile direttore d’orchestra. Il principio cardine delle interviste, elemento fondante del programma, è quello di raccontare qualcosa, in modo più aderente possibile alla verità, ma Che tempo che fa cade anche qui. Non è mal fatto certo, ma essendo specchio del suo conduttore ha un grande difetto: quello di piacersi molto, di sentirsi molto intelligente e di etichettarsi come programma colto.
Che tempo che fa [Italia 2003 – in corso] REGIA Enrico Rimoldi, Duccio Forzano.
PRESENTATORE Fabio Fazio. CON Filippa Lagerback, Luciana Littizzetto.
PRODUTTORE Endemol. RETE Rai 3.
Talk show/Attualità, durata 75 minuti (puntata).