69° Festival de Cannes, 11 – 22 maggio 2016, Cannes
Cannes caput mundi
Al netto delle rituali polemiche per l’esclusione dell’Italia dal Concorso (ma poi, esiste forse un abbonamento alla selezione ufficiale? Sono tutti sempre obbligati a rendere omaggio alla nostra filmografia?) siamo pronti a dare uno sguardo dall’interno al programma del 69° Festival de Cannes, aperto dall’11 al 22 maggio 2016 sulla famigerata Croisette.
Le selezioni ufficiali di Cannes, della Semaine de la critique e della Quinzaine des réalisateurs sono stati svelati ormai da tempo e sono disponibili sui rispettivi siti, ma l’aspetto che probabilmente emerge spulciando anche tra gli eventi e annunci collaterali è la scelta di riunire in un’unica cornice il passato aureo e la ruggente contemporaneità dell’industria. Esempio emblematico di questa tendenza è la decisione, sempre encomiabile, di ricordare la Nouvelle Vague, con l’immagine della locandina prima e con l’annuncio della consegna della Palma d’Oro d’onore a Jean-Pierre Léaud, e allo stesso momento di assegnare la presidenza della giuria maggiore, quella del Concorso, a George Miller, vate multiforme della scorsa stagione cinematografica (e non solo) con Mad Max: Fury Road. Il meglio del meglio del cinema mondiale, europeo soprattutto, è riunito nelle variegate sezioni del festival, lasciando comunque alla Francia il primato di presenza: tra registi, produttori e co-produzioni, sono decine i titoli in cui il Paese d’oltralpe ha messo lo zampino, da Mal de pierres di Nicole Garcia a Pericle il Nero di Stefano Mordini. Del processo di definizione di cinema contemporaneo, Cannes non lascia niente per strada, continuando ad aprirsi anche a Paesi e cinematografie poco frequentate. È quindi un piacere trovare Anurag Kashyap con Raman Raghav 2.0 e Kirill Serebrennikov con The Student nel programma e poterli mettere a confronto con titoli come The Day Shall Dawn di A.J. Kardar, presentato tra i restauri di Cannes Classics. Quanto realmente il festival presti il fianco a innovazioni e quanto invece sia scontato lo status di probabile capolavoro di ogni film presentato sono discussioni dalla facile citazione ma dall’arduo scioglimento. Di sicuro resta il fatto che quello di Cannes si afferma come il Festival per eccellenza, un punto di riferimento per la nuova e vecchia guardia dell’industria audiovisiva, pronto a promuovere i nuovi geni come Xavier Dolan mentre si crogiola nella sicurezza delle vecchie glorie (Almodovar, i fratelli Dardenne ecc…). All’interno della stessa giuria si trovano il già citato Miller e Donald Sutherland, entrambi incarnazioni di una via diretta capace di collegare il cinema nel corso dei decenni. Tutto il mondo cinematografico sembra avvicinarsi, mettersi in discussione (anche solo pro forma) e in contatto anche con quelle produzioni che paiono avere poco a che fare con i piani alti dell’industria mondiale. Il sensazionalismo circonda tutto sulla Croisette e qualunque proiezione diventa facilmente un evento, cosicché diventa difficile districarsi tra questi e capire la reale portata di ogni proposta. A bilancio preventivo concluso, comunque, resta da ribadire il fatto che Cannes non ha rivali per quanto riguarda la capacità di richiamare a sé il mondo. E se in alcuni casi forse pecca per scommesse dall’esito glamour scontato (basta immaginare i Red Carpet del Concorso e Fuori Concorso), in altri si mette moderatamente in gioco, contando su registi come Bruno Dumont (con Ma Loute) e Oliver Assayas (con Personal Shopper). Il toto vincitore è già partito, ma sicuramente il vento marino saprà riservarci delle sorprese.