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Padri di biciclette
Guo è appena arrivato a Pechino in cerca di lavoro e viene arruolato in un’agenzia di Pony Express su due ruote. Jian vive con il padre, la matrigna e la sorellastra in un quartiere povero: sogna di avere una bici per poter far colpo sulle ragazze. Un giorno qualcuno ruba la bici di Guo e la rivende per 500 yuan a Jian. Da quel momento i due si troveranno a condividere un destino comune fatti di violenza da strada, attaccamento alla vita e sentimenti repressi.
È un regista giovane, Wang Xiaoshuai, appartenente alla sesta generazione di cinema cinese (quella per intendersi di Zhang Yuan e Jia Zhang-ke) quello che nel 2001, a 35 anni, dirige Le biciclette di Pechino. Un film sulla gioventù, sulla lotta drammatica per il possesso di un oggetto comune – che pensavamo esauritasi col Neorealismo – che porta due mondi a interagire fino a collaborare. Fra gli hutong di Pechino (strette vie di cemento poste ai limiti della città industrializzata) il desiderio di Guo di costruirsi una nuova vita, partendo dal bisogno minimo, il lavoro, si interlaccia con le difficoltà familiari e sentimentali di Jian che arriva a rubare il soldi del padre per comprarsi, sul mercato clandestino, la bici di Guo. Due facce di una generazione che non sa da dove partire per costruirsi una vita, una generazione sfruttata e ingannata da forze invisibili o intoccabili (il padre, il datore di lavoro) che finisce per dividersi in una guerra civile intestina in cui il fine non giustifica mai i mezzi. In una sequenza Jian colpisce con una pietra il rivale in amore, esperto acrobata su due ruote, rischiando di rompergli la testa: il tutto solo per invidia. In un’altra scena, tragicomica come gran parte del film, Jian assieme agli amici cerca di riappropriarsi della bici che Guo è riuscito a recuperare, rubandola a sua volta: quest’ultimo, da solo, riuscirà a tenere testa per ore alla banda di ragazzi, aggrappandosi come un bambino alla canna in alluminio. La bicicletta non è più un oggetto ma un personaggio vivo verso cui tende il desiderio dei protagonisti, che si straziano di dolore nel momento in cui qualcuno glielo sottrae. Questi ragazzi, in realtà, sono già padri: cullano questo strano figlio su due ruote, scintilla di possibili rivoluzioni, ne adorano ogni centimetro, sanno riconoscerlo in mezzo a mille e se lo caricano sulle spalle quando tutto sembra finito.
Premiato a Berlino con l’Orso d’Argento, il film di Wang Xiaoshuai respira attraverso i corpi dei giovani attori capaci, con talento e naturalezza, di reggere il peso della storia.
Le biciclette di Pechino [Shiqi sui de dabùn che, Cina/Francia/Taiwan 2001] REGIA Wang Xiaoshuai.
CAST Lin Cui, Bin Li, Xun Zhou, Yuanyuan Gao, Shuang Li.
SCENEGGIATURA Wang Xiaoshuai, Peggy Chiao, Hsiao-ming Hsu, Danian Tang. FOTOGRAFIA Jie Liu. MUSICHE Feng Wang.
Drammatico, durata 113 minuti.