“La fine dell’umanità”, con queste parole l’editor di Buzzfeed Canada Craig Silverman, in Italia per un Festival, descrive su Twitter Ciao Darwin 7. Il fine narratore dell’oggi e di ieri, il fruitore corretto della sintassi italiana Paolo Bonolis ci sguazza e ammette: “È quello che volevo raccontare: Ciao Darwin mostra i prodromi dell’apocalisse. Non esibiamo i mostri, quell’umanità esiste”.
Questa asserzione dimostra ancora una volta che il traghettatore delle anime infernali di Ciao Darwin è un colto ruffiano che utilizza le parole e i concetti come un’abile tessitrice: Bonolis sa quello che fa e sa ciò che colpisce il pubblico. Tutto partì il 3 marzo 1998 quando sul tubo catodico sbarcò la prima edizione del programma. All’epoca sembrava la risposta godereccia ad un’Italia che stava cambiando, oggi invece sembra un circo sgangherato che ripropone stancamente lo stesso spettacolo in un eterno Bunga Bunga. Il format è identico: la stessa spalla (Luca Laurenti), una primordiale sfida tra fazioni diverse, una visita ginecologica del corpo di ballo e delle figuranti, un scontro fisico e con la “paura”, tutto orchestrato da una sceneggiatura inesistente che mette in scena il vuoto di poveri cristi. Si badi bene, chi scrive considera il trash una cosa seria che ha bisogno di regole: quello di Ciao Darwin è piuttosto accanimento di un fine antropologo (la macchina del tempo), “gretto” narratore delle miserie umane (il linguaggio del conduttore che il più delle volte umilia, disprezza, insulta i malcapitati) e anche efferatezza sulle spoglie di un genere ormai morto. Non è un caso che Roberto Cenci sia il regista anche di un altro programma che indaga le più basse manifestazioni dell’essere umano, L’isola dei famosi, che con encefalogramma piatto continua imperterrito ad esistere. Il discorso qui è diverso, al timone non c’è il capitano che qualunque cosa accada non abbandona il suo vascello ma una conduttrice, Alessia Marcuzzi, troppo seria e in perenne stato d’ansia (l’episodio della “quasi” morte della figlia di Eva Henger mentre era in apnea per un gioco), che non sa governare la nave – anche a causa dell’ingombrante presenza di Simona Ventura − “senza nocchiero in gran tempesta”. Marcuzzi è gettata sul palco senza copione, come un due di coppe quando in tavola c’è bastoni: tutti, dagli opinionisti, spietati censori, ai naufraghi, fanno ciò che vogliono, quando e come gli pare (addirittura l’inviato Alvin ha più potere di lei). Membri e seni in bella mostra, figlie di ex pornostar e cantanti senza successo, sono gli ingredienti di un programma che non convince e non coinvolge, un mare di noia e squallore. Ciao Darwin e L’isola dei famosi sono dei progetti sul nulla e sul vuoto, che dimostrano ancora una volta la complessità di inventare e di proporre cose nuove.