Homo homini lupus
Il suo nome significa “lupo”. Quando lo vediamo per la prima volta, Theeb è immerso nel paesaggio del deserto, tra le dune bianche come scolpite nel gesso, mentre impara dal fratello Hussein che gioca con lui come si fa con un cucciolo. Ma l’arrivo di un ufficiale inglese che sceglie Hussein come guida nel deserto desta in Theeb curiosità e stupore. Disobbedendo, si unisce al viaggio e in quell’orizzonte dai toni pastello scopre insidie mai sospettate, tra le leggi di una natura arida e le trappole infide degli uomini.
Nominato agli Oscar del 2016 come Miglior Film Straniero, l’opera prima di Naji Abu Nowar è un film che dietro al silenzio degli spazi abbacinanti, tra sabbia di seta e rocce spaccate da solchi profondi, nasconde una riflessione densa di significati. Sarebbe limitante considerare Theeb un semplice percorso di formazione, con il bambino che diventa adulto conquistando una sofferta indipendenza. Nel microcosmo del villaggio beduino dove onore e accoglienza si tramandano di padre in figlio, la Prima Guerra Mondiale irrompe nella figura di un ufficiale inglese e la scatola che porta con sé è già presagio di distruzione. L’ambigua promessa della Gran Bretagna di sostenere l’indipendenza degli arabi se si fossero ribellati agli ottomani, già affrontata in Lawrence d’Arabia, è stato l’inizio della spartizione del Medio-Oriente in confini imposti dai Paesi coloniali e il metallo dei binari che si stagliano tra la sabbia del deserto è un chiaro richiamo alla ferrovia che Lawrence fece attaccare più volte dagli arabi per avere la meglio sull’Impero Turco. Sotto gli occhi profondi di Theeb, che osserva e apprende per sopravvivere, la Storia muove i suoi lenti ingranaggi, tracimando le vite che sfiora e stravolgendo equilibri mondiali a partire dagli individui. Nel pozzo che accoglie la sua fuga si compie la metamorfosi tra il cucciolo e il lupo e quando Theeb riemerge dal ventre della terra il deserto non è più la sua casa, circondata da un mondo gravido di scoperte, ma un territorio di conflitto dove “il forte divora il debole” e l’uomo si annida come un predatore ingannevole e sanguinario. La lama ricurva e il fucile scarico, lo stesso pozzo sul quale Hussein lo sporge per scherzo nelle prime immagini mutano il fascino del gioco da adulti nel volto cruento di strumenti di morte, cambiando per sempre lo sguardo di Theeb e la sua concezione bambina delle cose, in una macabra corrispondenza che fa degli oggetti, dei luoghi e dell’uomo nient’altro che il frutto di come li si intende.
Theeb [id., Emirati Arabi Uniti/Qatar/Gran Bretagna/Giordania 2014] REGIA Naji Abu Nowar.
CAST Jacir Eid Al-Hwietat, Hussein Salameh Al Sweilhiyeen, Jack Fox.
SCENEGGIATURA Naji Abu Nowar, Bassel Ghandour. FOTOGRAFIA Wolfgang Thaler. MUSICHE Jerry Lane.
Drammatico, durata 100 minuti.