La necessità di setacciare
Nella maggior parte delle ricette, al momento di aggiungere la farina si consiglia di setacciarla. L’ideale è ottenere un tutt’uno omogeneo, in cui i singoli ingredienti sono all’occhio indistinguibili e al palato guai ad avvertire i singoli sapori: è la loro somma che vogliamo sentire. Per il cinema vale la stessa regola; sceneggiatura, montaggio, regia, attori, fotografia, sentire solo uno di questi elementi agire fuori controllo e “fuori forma” spiazzerebbe.
Di certo talvolta il “fuori-forma” assume significato, diventa riflessione, ma non è della storia dell’Arte cinematografica che qui stiamo parlando. The Dressmaker è un prodotto australiano quanto basta per avere in sé tutto ciò che è anglofono ma con quella sottile dose di eversione. È un western? Una commedia? Un dramma familiare? Un film sentimentale? La prima buona mezz’ora resta sospesa tra tutte le possibili vie, poi si accetta l’ambiguità. Myrtle Dunnage (Kate Winslet) è nata in un paesino della zona rurale australiana, Dungatar, le difficoltà della sua infanzia culminano nel giorno in cui viene trovata vicino al corpo in fin di vita di un bambino e, ritenuta colpevole, viene cacciata. L’allontanamento forzato per Myrtle si rivela un’occasione. Viaggia, negli Stati Uniti, in Europa e nelle capitali della moda, Milano, Parigi, dove impara l’arte del vestire. Tornata in Australia confida che il rancore nei suoi confronti si sia diluito col tempo e spera, con l’aiuto della madre, di capire come un’assassina possa non ricordare il suo crimine. Additata di volta in volta come il male, il diavolo, la perversione, riesce a conquistarsi un ruolo cucendo abiti per signore. Il fascino è più forte del ricordo, le donne si riscoprono corpi, forme, centri di attrazione e ammirazione. L’abilità nel trasformare gli altri però non ha lo stesso potere su se stessa; è certamente la donna più sensuale di Dungatar ma resta un nome e una storia che, smossa dalle tenui indagini, ritorna a galla in tutta la sua drammaticità, smascherando tutta la grettezza, l’odio, il maniacale giudizio di un ambiente chiuso e isolato che nessun abito, pur pregiatissimo, può coprire. Ci sono troppi umori, tonalità, con cui la Moorhouse racconta questa storia, un affastellamento di episodi, accadimenti e sottotrame che invece di uno steinbeckiano affresco corale ottengono solo giustapposizioni gratuite. Sicché si vede l’imbastitura del lavoro di regia e montaggio a ogni nuovo segmento di stoffa o storia. Si assaporano gli ingredienti e non l’insieme. Come non innamorarsi ancora una volta dell’abilità della Winslet? Come non apprezzare il finale, tinto di raso rosso come un’efferatezza di Eschilo? E come non svelare le numerose citazioni, da Ford, a Wilder, a Leone, da Cold Mountain a La congiura degli innocenti? Tutti ingredienti prelibati, ma peccando di approssimazione si è lasciato il setaccio nel cassetto.
The Dressmaker – Il diavolo è tornato [The Dressmaker, Australia 2015] REGIA Jocelyn Moorhouse.
CAST Kate Winslet, Judy Davis, Liam Hemsworth, Sarah Snook.
SCENEGGIATURA Jocelyn Moorhouse. FOTOGRAFIA Donald McAlpine. MUSICHE David Hirschfelder.
Drammatico/Sentimentale, durata 118 minuti.