Le voci dell’inchiesta – IX edizione, 13 – 17 aprile 2016, Cinemazero, Pordenone
La verità in cambio della sicurezza
Il woodpecker, il segnale radio che invase le radio di tutto il mondo negli anni Settanta e Ottanta, col suo martellante suono, simile a quello del picchio, è tornato attivo. L’ultima volta che fu rilevato da radioamatori e stazioni militari fu nel 1989, anno della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Da sempre è stato identificato con la forza pervasiva della Russia, le sue ambizioni imperialiste e con la tensione che teneva il mondo appeso ad un filo.
Dopo la crisi ucraina del 2014 in molti dicono di aver riascoltato un suono molto simile a quello del woodpecker. L’Unione Sovietica è un fantasma ancora non domato e sta rinascendo sotto altro nome? Qui e lì vive ancora, negli animi delle persone, nelle idee che diventano ricci non appena si affrontano temi delicati, vive nel silenzio, nella limitata libertà di stampa, nella libertà controllata come si vorrebbe controllare la storia. Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker, l’esordio di Chad Garcia è una staffilata al cuore, un documentario così drammatico che vorremmo fosse finzione ma non lo è. Gli ottanta minuti ruotano attorno alla presenza-assenza di Fedor Alexandrovich, poliedrico artista ucraino che, come afferma il direttore della fotografia, sembra venire da un altro mondo e da un altro tempo. La sua realtà, la sua figura, il suo sguardo penetrante somigliano così tanto ai personaggi di Tarkovskij ed Eisenstein da porlo in una dimensione sovrannaturale, dove l’estasi della verità è vento sotto i suoi passi. Viene presentato come un occhio superiore ed onesto, capace di indagare con franchezza, senza impedimenti, o come un Prometeo in cerca del fuoco da portare agli uomini. La ricerca parte da Chernobyl, la cittadina che ha terrorizzato il mondo a partire dal 26 aprile 1986, Fedor era uno dei bambini del luogo, mandato in un orfanotrofio per prevenzione, ne uscì ormai grande ma con dentro un grande terremoto che ha riversato nella sua attività artistica, e il cui stridore, proprio come un radiosegnale martellante, chiedeva sempre più forte «chi?» e «perché?». Con suo figlio ora è andato a visitare il museo sul disastro di Chernobyl e una scena lo vede, col figlio sulle gambe, di fronte uno schermo su cui è proiettato un video che racconta l’esplosione. Il disastro è ora diventato solo un racconto? La teoria di Alexandrovich, per la quale è stato seriamente minacciato, afferma che il disastro non sia stato altro che un evento programmato per coprire il fallimento del progetto Duga, un’enorme antenna costruita a pochi chilometri dalla centrale, per rilevare eventuali movimenti aerei avversari, e così salvare la carriera di un alto funzionario russo, principale ideatore del progetto. Fedor vorrebbe riportare in vita quest’uomo, lo fa con la sua arte, tracciandolo su un vetro per poi infrangerlo, dice «Facciamo che siamo in un film. Io sono l’eroe e lui l’anti-eroe». Questa tendenza a documentare la finzione e a mettere in scena la realtà è l’anima del film: un’opera tecnicamente perfetta, eticamente eroica nel mostrare l’anima di Fedor continuamente in lotta tra denuncia della verità e sicurezza familiare.
Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker [The Russian Woodpecker, USA/Gran Bretagna/Ucraina 2015] REGIA Chad Gracia.
CAST Fedor Alexandrovich.
SOGGETTO Chad Gracia. FOTOGRAFIA Artem Ryzhkov. MUSICHE Katya Mihailova.
Documentario, durata 80 minuti.