La comune senza la comune
Quando Erik, insegnante di architettura, eredita dal padre una bellissima casa a Copenaghen, il suo primo pensiero è di venderla per guadagnare una somma consistente. Ma la moglie Anna, annoiata dalla vita familiare, lo convince a tenerla e a trasformarla in una comune da condividere assieme ad altre persone, amici e sconosciuti. Il progetto funziona ma Erik si innamora di una studentessa che prenderà lentamente il posto di Anna nella sua vita e nella comune.
Nonostante il manifesto Dogma 95 e Festen (1998) siano ben sepolti sotto chilometri di finzione e di classicismi, Thomas Vinterberg continua a godere di un discreto credito all’interno dei festival e della distribuzione. Il cinema del regista danese, cresciuto cibandosi dell’ombra di Lars Von Trier, in particolare negli ultimi anni ha dimostrato di non essere assolutamente capace di competere con la maggior parte delle opere di autori coevi. Il problema di fondo è la scrittura, o meglio, la capacità di costruire personaggi e situazioni che possano risultare verosimili al punto da sospendere l’incredulità dello spettatore per un paio d’ore. Già ne Il sospetto si potevano scorgere i primi sintomi di tale deriva, con un protagonista accusato ingiustamente di pedofilia che in nessuna occasione prova a difendersi anche con un semplice “non sono stato io”, ma niente in confronto al caos disorganico portato in concorso alla Berlinale 66. In quel Grande Fratello naïf che è La comune, Vinterberg mette in scena le trasformazioni di individui inconsistenti, disperati alla ricerca di un posto nel mondo che possa mitigare la loro inadeguatezza nei confronti della vita. Ma nel farlo si dimentica di raccontarli, lasciando qualcuno nell’anonimato e dando a qualcun altro, suo malgrado, un ruolo di prestigio insostenibile all’interno di situazioni involontariamente grottesche. Lo stesso adulterio di Erik e il progressivo scivolamento di Anna in una cupa depressione da lei stessa foraggiata non forniscono punti di appiglio logici o narrativi, semplicemente si presentano nella loro banalità contaminando progressivamente le sinapsi della comune. A conti fatti e al netto di tutti gli eventi, è proprio l’idea focale di costruzione di una democrazia comunitaria a cadere sotto i colpi della cattiva scrittura non essendo in alcun modo influente, ai fini della storia, tutto quello che accade dentro la casa ai suoi abitanti se si esclude un colpo di coda finale che farebbe inorridire anche Lory Del Santo. In pratica, togliendo la comune e fingendo che nella casa abitino solo Erik, Anna e la figlia Freja, avremmo lo stesso paradosso con cui, in The Big Bang Theory, Amy convince Sheldon dell’inutilità di Indiana Jones ne I predatori dell’arca perduta.
La comune [Kollektivet, Danimarca 2016] REGIA Thomas Vinterberg.
CAST Ulrich Thomsen, Fares Fares, Trine Dyrholm, Julie Agnete Vang, Ole Dupont.
SCENEGGIATURA Tobias Lindholm, Thomas Vinterberg. FOTOGRAFIA Jesper Tøffner. MUSICHE Fons Merkies
Drammatico, durata 111 minuti.