SPECIALE SUPERMAN
Superuomo troppo umano
Quando si parla di Superman è difficile non pensare alla sua reale valenza filosofica nel mondo degli uomini. Già ce lo diceva Bill nel suo monologo conclusivo di Kill Bill: a differenza di tutti gli altri supereroi, il vero costume di Superman era quello di Clark Kent. Una creatura superiore calata nel mondo umano per soccorrerlo, ai nostri occhi il supereroe che più di tutti si avvicina a una divinità indipendentemente dalla sua natura aliena; inevitabile che susciti letture che oscillano tra il religioso e il mitologico.
L’ultima incarnazione cinematografica, Man of Steel di Zack Snyder, neanche tanto velatamente s’indirizza proprio in questa direzione, senza nascondere mai una correlazione nell’identità salvifica e incline al sacrificio tra il supereroe simbolo della DC Comics e la religione cristiana. Superman come Gesù, in sintesi, con un punto di vista più vicino nelle intenzioni iniziali, per quanto possibile in un comic movie, alla sporcizia di un ruvido realismo. Se questo era Man of Steel, la pellicola antecedente, il poco fortunato Superman Returns di Bryan Singer si confronta invece direttamente con la mitologia classica, ellenica. In questo articolo tralasciamo il più diretto giudizio al film, perché relativamente interessante ai fini del discorso, ricordiamo però il gradevolissimo senso di anacronismo nell’immagine desaturata, che gioca con l’iconografia vintage dei materiali che compongono la stessa, che impreziosisce una pellicola troppo debole e classicamente adagiata sui soliti schemi per riuscire a intrattenere e riscrivere intelligentemente la figura di Superman come chiaramente si era prefissato inizialmente. Il titolo stesso rimarca l’essenzialità dell’opera, il ritorno del supereroe, scansando invece tutto ciò che concerne il suo arrivo e l’introduzione della sua diversità con gli uomini. Egli è già conosciuto, qualcosa di talmente grande con cui tutti hanno dovuto confrontarsi, tanto che la sua essenza ha scombinato gli equilibri e la cui sparizione ha già portato a fondamentali domande: “Perché il mondo non ha bisogno di Superman?”, come scrive proprio Lois Lane. La correlazione in Superman Returns più che con la figura cristologica rimanda invece agli dei greci antichi, tanto che il parallelismo che lo stesso Lex Luthor fa con se stesso e Prometeo nell’intento di maneggiare la tecnologia di Krypton crea un’interconnessione diretta. Un dio che compare e poi scompare, con l’umanità che deve fare i conti con le fragilità molto familiari di un essere che va alla ricerca della propria natura e origine. Superman Returns in definitiva mostra una divinità fin troppo umana, un superuomo che esprime le aspirazioni terrene sotto il piano fisico ma pregno dei dubbi e le voluttà di qualsiasi altra persona comune, diventando mortale allo stesso modo. E allora Superman è morto? Forse, ma la vera domanda a cui ancora non si è data risposta è quel profetico e simbolico “Perché il mondo ha bisogno di Superman?”.
Superman Returns [id., USA 2006] REGIA Bryan Singer.
CAST Brandon Routh, Kate Bosworth, Kevin Spacey, Frank Langella.
SCENEGGIATURA Dan Harris, Michael Dougherty. FOTOGRAFIA Newton Thomas Sigel. MUSICHE John Ottman.
Azione/Supereroico, durata 154 minuti.