La Casa degli orrori
Sequenze oniriche di forte carica simbolica, rivali politici agguerriti, alleanze flessibili e complotti sempre più utilitaristici: in casa Underwood gli affari continuano secondo il machiavellico adagio de “il fine giustifica i mezzi”, ma la conclusione della quarta stagione di House of Cards impone un bilancio di serie e la proposta di un’ipotesi – ragionevole – sui possibili sviluppi della storia.
Avevamo lasciato la first lady Claire Underwood sulla soglia di un imminente divorzio, e il presidente in carica Frank – di conseguenza – su quella di un inevitabile tracollo politico. Ma la realtà è un concetto mutevole per definizione, e l’unica regola valida nel gioco della politica risponde alla famosa massima di Henry Kissinger: il potere è l’afrodisiaco supremo. Per il potere – per la sua conquista e il suo mantenimento – qualsiasi prezzo è negoziabile. Anche intavolare una nuova tregua con un coniuge che si sogna di uccidere, o sfruttare un incidente quasi mortale per affermare un ruolo decisionale unico. Il personaggio di Claire spicca in questa stagione come il vero running mate di Frank, la sola persona in grado di salvarne la carriera o affossarla per sempre. Una partner/rivale dai contorni umani sempre più sfumati e ambigui, villain carismatica che amiamo poter odiare, e la performance di Robin Wright è costruita come una seconda pelle. Frank/Kevin Spacey è una conferma di impressionante realismo drammatico ed ironico, e lo sviluppo della partnership con la tirannica moglie nella direzione di una “santa alleanza”, oltre il semplice legame coniugale, contribuisce in maniera sostanziale alla creazione della tensione drammatica. La cifra stilistica della serie rimane intatta: sequenze in montaggio alternato e a episodi, scene in sovrapposizione, dialoghi dai ritmi calibrati con battute taglienti e memorabili, rappresentazione di geometrie spaziali rigorose che fanno da contrappunto alla “liquidità” dei rapporti e degli intrighi, interpellazioni dirette dell’audience (ma qui presente in numero minore) costituiscono il linguaggio formale di una narrazione che ha saputo fondare il proprio indiscusso appeal sul giusto mix di realismo politico e fiction. Fino a quando, però? Fino a che punto ha senso spingersi indulgendo nelle macchinazioni oltremodo inverosimili dei coniugi Underwood? Mentre il giorno delle elezioni si avvicina, e i leader dei partiti si combattono in un’escalation di azioni oltre la moralità, la verità sui crimini commessi in passato sembra trovare una via di accesso al pubblico dominio. I tempi sono ormai maturi per una resa dei conti; il divide et impera in guisa di cliffhanger che conclude questa stagione di House of Cards invita ad una riflessione per la quinta che verrà: oltre la brutalità della guerra non è pensabile – né auspicabile – andare. Addio definitivo alla Casa degli orrori o ulteriore ribaltamento delle aspettative? La risposta tra un anno. Su Netflix.
House of Cards – Season 4 [id., USA 2013 – in corso] IDEATORE Beau Willimon.
CAST Kevin Spacey, Robin Wright, Michael Kelly, Jayne Atkinson, Molly Parker.
Drammatico, durata 50 minuti (episodio), stagione 4.