Un faticoso viaggio di emancipazione
Anni ’50. Eilis Lacey lascia l’Irlanda, la sua terra, la sua famiglia alla ricerca di fortuna in America. È un racconto di nostalgia e mancanze quello che John Crowley fa con il suo Brooklyn, candidato all’Oscar con tre nomination. Il regista porta su grande schermo l’omonimo romanzo dell’irlandese Tóibin, grazie alla sceneggiatura di Hornby, e narra la storia di un’emigrante, prima in guerra contro la nostalgia, poi pronta a combattere per affermare se stessa.
Eilis soffre terribilmente il distacco dalla madre e soprattutto dalla sorella con cui intrattiene una relazione epistolare. Ma poi, a poco a poco, inizia a ritrovarsi in quella metropoli, si innamora e si fidanza con un ragazzo di origini italiane, Tony, ricomincia a sognare e sembra costruirsi finalmente una propria identità. Crowley mette in scena l’Odissea di chi parte, di tutti coloro che se ne vanno nella speranza di una vita migliore. Racconta attraverso il viso dolce di Eilis e i suoi occhi azzurri, l’epica di tutti coloro che lasciano il conosciuto per lo sconosciuto, che attraversano l’Oceano con la metaforica valigia di cartone alla scoperta di un altrove. Ciò che era primario fino a poco prima Eilis lo mette in un angolo e pone al centro la sua nuova vita, la sua “ipotesi” di felicità con Tony e quando, come per Ulisse, le sirene – in questo caso luttuose – la richiamano a casa, tutto si riapre. Il cordone che sembrava reciso si rigenera e lo spettatore teme che l’emancipazione di Eilis sia solo una questione di forma. Tornata in Irlanda tutto sembra più facile: se prima non aveva alcuna possibilità, ora tutte le porte sembrano aperte; se prima il suo era un piccolo mondo antico, ora sembra pronto ad accogliere il “nuovo”, cioè lei; se prima era una come tante, ora è speciale. In Eilis a un certo punto riecheggiano sia la voce “moderna” di una Brooklyn in cui la ragazza si riconosce sia quella ancestrale delle coste irlandesi, sussurrano sia i luoghi dove si sbarca, sia quelli da dove si salpa. Crowley racconta freddamente una storia che avrebbe avuto bisogno di maggior calore. Non entra in profondità nel dramma di una giovane donna che cerca la sua casa, ma rimane in superficie – l’opera lavora alla perfezione su colori e fotografia, come se ogni sfumatura avesse una sua ragione d’essere −, non convince pienamente, nonostante la sua protagonista, ma realizza un film che a volte respira a fatica, imbrigliato su se stesso. Brooklyn è un grido (sottile), un (tiepido) canto di libertà che anima Eilis ma che non sempre raggiunge lo spettatore.
Brooklyn [id., Irlanda/Gran Bretagna/Canada 2015] REGIA John Crowley.
CAST Saoirse Ronan, Emory Cohen, Domhnall Gleeson, Jim Broadbent, Julie Walters.
SCENEGGIATURA Nick Hornby (tratto dall’ omonimo romanzo di Colm Tóibin). FOTOGRAFIA Yves Bélanger. MUSICHEi Michael Brook.
Drammatico, durata 111 minuti.