SPECIALE VIVERE E MORIRE A ROMA
Gli spari sopra
Esistono film la cui importanza e influenza esondano dal semplice perimetro del genere e della reale “qualità” cinematografica. E non sempre per “eccesso”: preso a sé, senza alcuna contestualizzazione, Roma a mano armata è in effetti – come disse il critico Bertarelli nel non lontano 2002 – un “Pedestre e violento poliziesco […], che fa tappa in una Roma esasperata per sfornare il millesimo giustiziere in divisa strizzando l’occhio allo spettatore più incazzoso”.
A rinchiudere il lavoro di Umberto Lenzi nelle banali quattro mura dell’exploitation si commette però un imperdonabile e miope peccato. Dando per scontata la palese incapacità italica di dare vita al poliziesco “puro” (tranne che nell’edulcorata fiction tv), il filone di serie B più o meno parodizzante definito poliziottesco ha segnato la Storia del nostro Cinema negli anni ’60 e ’70. Partiamo da lontano: il giallo/noir incentrato sulle forze dell’ordine nasce in America negli anni ’30, in seguito alle polemiche per l’eccessiva esaltazione dei malavitosi (Scarface – Lo sfregiato, 1932). La “nuova” tendenza spingerà allora sulla connotazione ideologica: il gangster continuerà ad essere onnipresente, ma dovrà improvvisamente misurarsi con una polizia “incazzata” che per far giustizia utilizzerà gli stessi metodi rozzi degli antagonisti. L’ispettore Callaghan di Eastwood è reazionario e manicheo proprio come lo è il commissario Leonardo Tanzi di Maurizio Merli. A differenziarli ci pensa la risposta del pubblico: se negli States il mito è diventato proprio il caro vecchio “braccio violento della legge”, in Italia fin da subito tutti hanno preso le parti del villain, ovvero dell’irresistibile gobbo interpretato da Tomas Milian. Narra la leggenda che alla prima di Roma a mano armata la platea addirittura fischiò il protagonista Merli, che uscì dalla sala in lacrime. D’altronde la sceneggiatura di Dardano Sacchetti, pur essendo poco più di un collage di situazioni, mette ben in evidenza la figura catartica, sottoproletaria e “velenosa” del malvivente Vincenzo Moretto, abilmente contrapposta all’istituzione tutta d’un pezzo incarnata dal baffuto Tanzi. Il gobbo – che compare nella pellicola per venti minuti in tutto, vale la pena ricordarlo – si rende portavoce degli umori e delle frustrazioni della gente comune, col suo lavoro da macellaio e con il suo animo rabbiosamente operaio. A trent’anni dalla caduta del fascismo, in piena battaglia “civile” causata dall’inaspettata esplosione di criminalità della capitale, sembra dunque più logico immedesimarsi nella rivoluzione “dal basso” dell’emarginato e cialtrone gobbo piuttosto che nella giustizia brutale dell’istituzione che se ne infischia delle regole parandosi dietro il dogma della legalità. Più sociale, politico e culturale di così…
Roma a mano armata [Italia 1976] REGIA Umberto Lenzi.
CAST Maurizio Merli, Tomas Milian, Maria Rosaria Omaggio, Arthur Kennedy.
SCENEGGIATURA Dardano Sacchetti. FOTOGRAFIA Federico Zanni. MUSICHE Franco Micalizzi.
Poliziesco/Drammatico, durata 95 minuti.