Oscuri oggetti del desiderio
Strickland, pittore della scena, illumina di un naturalismo etereo il rapporto masochistico a due tra Cynthia, fascinosa e austera quarantenne ed Evelyn, mansueta domestica presso la sua fastosa magione immersa nel verde.
“Ecologia del delitto”, come il primo titolo scelto per Reazione a catena di Mario Bava. O meglio ancora “Entomologia del delitto”, anche se lo studio delle diverse specie di farfalle non implica, nell’opera seconda di Strickland, alcuna connessione delittuosa, a meno che non si intenda il titolo, metaforicamente, come uccisione della passione d’amore. In ogni caso, che sia “ecologia” o “entomologia”, la sostanza non cambia, trattandosi di fatto di un trattato antropologico sull’amore lesbo (masochista) che usa la simbologia esapode per rapportarla al meccanismo di evoluzione-trasformazione delle amanti. Il sentimento come comando e “pensiero dominante” è la chiave di volta dell’estetizzante composizione d’interni del formalista britannico. Tra leziosità stilistiche e pose studiate, The Duke of Burgundy teatralizza la messa in scena congelando le emozioni delle due fascinose amanti, sfruttando l’accumulo sequenziale di scene uguali come i feticci degli insetti che raccordano, a mo’ di didascalia, l’intero film. Ma allora, cos’è The Duke of Burgundy? Semplice gioco stilistico di rimandi e citazioni o geniale riflessione (estetica) sui rapporti di coppia e sulle loro contraddizioni? Un po’ tutte e due le cose, memore certo della lezione del precedente Berberian Sound Studio che faceva trapelare l’amore incondizionato per l’Italia giallo-horror anni Settanta. Nella messa a fuoco dei rapporti sadomasochisti racchiusa in un perfezionismo talvolta disturbante, si cela il segreto di un film che intende riflettere sui ruoli intercambiabili tra i partner, nonché analizzare con perizia chirurgica il sentimento quale ossessione patologica e compulsiva. Si tratta dunque di una coazione a ripetere che sfrutta uno stile formulare basato sull’iterazione narrativa per immagini. Tuttavia, nonostante possa apparire un’operazione inutile e monotona (forse ancor di più monocorde e asettica), riesce a trasmettere un senso di inquietudine metafisica che cozza con la natura tutta fisica delle punizioni corporali messe in quadro, riuscendo a diventare quello che, per un collezionista di farfalle, è un “oscuro oggetto del desiderio”. Lascio agli spettatori più accorti gli eventuali rimandi alla cinematografia di Luis Buñuel, omaggiata sin dal titolo del film scelto da Strickland e riferito ad una rarissima specie di farfalla europea, Il duca di Borgogna appunto.
The Duke of Burgundy [Id., Gran Bretagna 2014] REGIA Peter Strickland.
CAST Sidse Babett Knudsen, Eugenia Caruso, Monica Swinn, Chiara D’Anna, Fatma Mohamed. SCENEGGIATURA Peter Strickland. FOTOGRAFIA Nicholas D. Knowland. MUSICHE Cat’s Eyes, Andrea Flesch.
Drammatico, durata 101 minuti.