Viso bianco, occhi neri
Le pareti fendono l’area dell’inquadratura diagonalmente, la perpendicolarità dello spazio è qualcosa di sconosciuta, come vivere dentro un quadro fatto delle profondità fittizie di un teatro. Un sogno sarebbe più appropriato: il sogno senza fine di Cesare, il sonnambulo usato come attrazione dal misterioso dottor Caligari.
Ma questo è anche il racconto onirico, in bilico tra realtà e finzione, di Francis, protagonista della pellicola. Sinistri omicidi scandiscono la vicenda, una storia fatta di spettri, come ci viene detto apertamente fin dall’inizio, di apparizioni e di finte ombre della mente. Lo spazio è la scenografia della psiche, contorta e irrimediabilmente perduta del protagonista. Il gabinetto del dottor Caligari proprio in questo rappresenta uno degli apici delle rappresentazioni figurative dell’Espressionismo, non solo nel cinema. La realtà è quella che la condizione esistenziale di Francis gli permette di vedere, la sinistra distorsione spaziale ne è l’esempio, il sogno diviene verità tangibile agli occhi non solo suoi, ma anche dello spettatore. Tutto si carica di significati e – appunto – di “espressioni”. Se la scenografia (di Walter Roehrig, Walter Reimann e Hermann Warm) giustamente ha fatto entrare l’opera di Robert Wiene nella Storia del Cinema, non si devono dimenticare i volti dei suoi personaggi, scavati e marcati, volti bianchi e occhi neri, che diventano irreali in un mondo rappresentabile solo sotto forma di vicenda mentale. Espressioni di un malessere esistenziale che trova il proprio appiglio negli spettri della mente che ribaltano la realtà. La bellezza di Il gabinetto del dottor Caligari, rivisto oggi e quindi nonostante porti certamente con sé i segni dell’età, risiede tutta nella sua indiscutibile forza creativa. La capacità di distorcere la realtà rimane tutt’ora ineguagliata anche se quel genere di pellicole frutto dell’immaginazione del protagonista è stato sviscerato successivamente in più modi. Il gabinetto del dottor Caligari vive ancora oggi per le inquietudini sociali e culturali che suscita, estremamente contemporanee, su tutte la paura di affrontare la propria realtà e l’angoscia di chiudersi in se stessi per ritrovare nelle proprie debolezze il mondo appena sopportabile in cui credere.
Il gabinetto del dottor Caligari [Das Cabinet des Dr. Caligari, Germania 1920] REGIA Robert Wiene.
CAST Friedrich Féher, Werner Krauss, Conrad Veidt, Lil Dagover.
SCENEGGIATURA Carl Mayer, Hans Janowitz. FOTOGRAFIA Willy Hameister. MUSICHE Giuseppe Becce.
Horror/Drammatico, durata 71 minuti.