SPECIALE DALTON TRUMBO
Black List
Di tutti i peplum realizzati nel corso della Storia del Cinema è indubbio che Spartacus sia uno dei migliori, non solo in termini qualitativi, ma anche perché è uno dei pochi a reggere ancora il trascorrere del tempo. Rivisto oggi, a distanza di 56 anni, risulta ancora un film in grado di parlare al presente.
Il successo del film è dovuto ad una combinazione di cast artistico e tecnico di grande livello: oltre al protagonista e produttore esecutivo Kirk Douglas e ad attori come Laurence Olivier, Charles Laughton e Peter Ustinov, hanno contribuito tra gli altri il regista Stanley Kubrick, il compositore Alex North, il titolista Saul Bass e lo sceneggiatore Dalton Trumbo. Se per Kubrick Spartacus rappresenta un titolo anomalo nella sua leggendaria filmografia – il regista fu chiamato a sostituire Anthony Mann, perciò è l’unica opera da lui non ideata, anche se il suo ruolo fu comunque fondamentale –, per lo sceneggiatore Dalton Trumbo rappresenta, invece, una svolta decisiva. Infatti, è con questo film e con il successivo Exodus (1960) di Otto Preminger che fu riabilitato dopo essere stato iscritto nella famigerata “lista nera” da parte dell’apparato maccartista e costretto a scrivere sotto pseudonimo. E il suo contributo al film non passa inosservato. La vicenda di Spartaco, lo schiavo-gladiatore di origine tracia che guidò una rivolta contro la Roma repubblicana, è l’occasione per ribadire nella contemporaneità la libertà e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Siamo, infatti, in un periodo in cui sorgono le prime battaglie per i diritti degli afroamericani e in cui la “caccia alle streghe”, avviata negli anni Quaranta, subisce una decisiva battuta d’arresto. La grandezza di Spartacus risiede nell’abbandono della spettacolarità spiccia di molti altri peplum – di grande impatto sullo spettatore ma poveri nella narrazione e incapaci di incidere a livello tematico, basti pensare al revival del filone seguito a Il gladiatore (2000) di Ridley Scott – in favore della caratterizzazione dei personaggi e delle loro volontà, delle loro relazioni e contrasti, puntando su dialoghi raffinati e allusivi – su tutti quello tra Marco Licinio Crasso e Antonino sui gusti in fatto di ostriche e lumache, di chiara allusione sessuale – piuttosto che su sequenze d’azione di grandiose battaglie di massa, comunque presenti nel film. Tre sono le linee narrative sviluppate: la condizione degli schiavi, le motivazioni che li spingono a ribellarsi a Roma e i dubbi sull’effettiva riuscita dell’impresa; la vicenda sentimentale tra Spartaco e Varinia con la diffidenza iniziale del primo che fino ad allora non aveva conosciuto l’amore; infine, l’abile messa in scena dello spietato mondo politico romano – in 2000 anni non è proprio cambiato nulla – dove tutti sono apparentemente alleati per contrastare il pericolo comune ma, nello stesso tempo, ognuno è interessato soltanto a tutelare i propri interessi e ad appagare le proprie ambizioni. Nel corso del film i riferimenti al maccartismo sono espliciti: la vicenda degli schiavi può essere vista come metafora degli artisti accusati di “attività antiamericane”, in lotta contro il sistema che li ha relegati all’oblio o esiliati come accade nella vicenda a Marco Publio Glabro. Ma il riferimento più emblematico è rappresentato dalla sequenza ambientata al Senato, in cui Crasso accusa di tradimento Sempronio Gracco con il celebre scambio di battute: “In ogni città e provincia liste di dissidenti sono già compilate” dichiara Crasso; “E forse il mio nome appare nella lista degli sleali nemici dello Stato?” chiede, conoscendo già la risposata, Gracco; “In testa!” afferma con foga Crasso. Come non scorgere il senatore Joseph McCarthy, ideatore dell’apparato maccartista, nelle vesti del console-tiranno Crasso e Dalton Trumbo, inserito anche lui in una lista nera, in quelle di Gracco?
Spartacus [id., USA 1960] REGIA Stanley Kubrick.
CAST Kirk Douglas, Laurence Olivier, Jean Simmons, Charles Laughton, Peter Ustinov, Tony Curtis.
SCENEGGIATURA Dalton Trumbo. FOTOGRAFIA Russell Metty. MUSICHE Alex North.
Storico, durata 190 minuti.