Ripercorrere la cronaca
Non mancano i motivi di forte interesse nel pilot di American Crime Story, serie antologica targata FX che per la sua prima stagione si dota del sottotitolo The People v. O. J. Simpson, ripercorrendo il caso giudiziario legato al celebre ex giocatore di football, poi attore per il cinema, che catalizzò l’opinione pubblica statunitense nella metà degli anni Novanta con l’accusa di brutale omicidio dell’ex moglie e di un amico comune.
Naturalmente, la vicenda e i suoi molteplici esiti sono noti: se l’esordio di stagione si ferma al momento della fuga di Simpson, cui seguirà l’inseguimento tra i più mediaticamente amplificati della storia americana recente, è evidente che uno degli aspetti chiave della serie sviluppata da Scott Alexander e Larry Karaszewski, già sceneggiatori per il grande schermo (Larry Flint, Ed Wood, Man on the Moon), e co-prodotta, oltre che diretta, dal guru televisivo Ryan Murphy, sia quello di applicare al racconto una puntualissima ricostruzione filologica degli avvenimenti, la restituzione dei caratteri, degli umori e delle figure che giocarono un ruolo centrale nella vicenda, la convinzione cioè che la fiction possa distillare qualcosa di nuovo ripercorrendo gli stessi passi della cronaca giornalistico-giudiziaria, fatto dopo fatto, perizia dopo perizia, contraddizione dopo contraddizione. La prospettiva da cui viene affrontata la messinscena, almeno da quanto traspare dall’incipit archivistico che apre l’episodio, include la questione razziale statunitense, centrale per i molti coevi episodi di violenza della polizia a danno di cittadini afroamericani, ancora attualissima e qui immediatamente mediata, o radicalizzata, dalle variabili di fama, denaro e potere che da essi può scaturire: qualità che il personaggio di O. J. Simpson incarna e conduce alla loro più isterica e incontrollabile valenza. La macchina da presa di Murphy ama il virtuosismo e lo pratica attraverso un ricco e frequente movimento su steady all’interno degli spazi, specialmente negli interni, domestici e non. Se questa scelta dota il prodotto di un’estetica raffinata e di una cinetica voluttuosa per gli occhi, talvolta sembra forzare il senso della narrazione, accelerando entro il vortice della tensione anche i momenti più distesi o meditativi. Quello che manca in definitiva ad American Crime Story è la cifra metafisica di alcune crime stories degli ultimi anni, da True Detective a Fargo: se l’alternarsi di numerosi punti di vista riesce a riallacciare la storia alla verità dell’accaduto − merito anche di performance promettenti da parte di Cuba Gooding Jr., di Sarah Paulson e di un John Travolta meravigliosamente connotato − il true crime alla base della serie non concede le verticalità filosofiche che avrebbe potuto generare, concentrandosi, con pragmatismo un po’ cieco, sulla complessa ricostruzione dei fatti e sulle loro implicazioni sociali e giudiziarie. Almeno per adesso.
American Crime Story [id., USA 2016] IDEATORI Scott Alexander, Larry Karaszewski.
CAST Cuba Gooding Jr., Bruce Greenwood, Sarah Paulson, David Schwimmer, John Travolta.
True Crime, durata 60 minuti (episodio), stagione 1.