SPECIALE CARLO VERDONE
Se il comico è morale
“Io non so più chi sono” afferma padre Carlo, con tono furioso ma impotente. Sono in molti a gridarlo sotto le sembianze del sacerdote impersonato da Verdone nel suo Io, loro e Lara: c’è un figlio che ha perso il padre durante le riprese (il film è dedicato al padre Mario, critico e docente di cinema, tra i più illustri in Italia), c’è un regista-attore che sta uscendo dalla pura forma comica e caratteristica e sta cercando la sua identità nel filone di una commedia ragionata e non frivola, c’è una società che, persi i riferimenti canonici, si scopre piena di dubbi che non vuole affrontare.
Non è la prima volta che Verdone veste gli abiti talari, ricordiamo padre Severino, Don Alfio, padre Spinetti, vedendo in essi la capacità di un’alterità di ragioni, ambizioni, pensieri che calati di volta in volta nell’attualità producono di per sé uno stridore fecondo e un controaltare eloquente. Padre Carlo fa fare un passo avanti, o indietro, a questa figura, tirandola fuori dai luoghi comuni e rendendola umana, dubbiosa, vicina. Il personaggio non indossa quasi mai l’abito da sacerdote, le sue azioni sono spesso fraintese, la sua stessa identità è messa più volte in dubbio. È questo certamente un riflesso del meccanismo base dell’equivoco su cui si fonda la commedia, ma non sembra che sia il meccanismo a forzare il personaggio, quanto il contrario, è padre Carlo a trovare nella forma commedia il suo luogo ideale. È missionario in Africa e dopo anni trascorsi senza far ritorno a casa sente l’esigenza di fare il punto della situazione. Ma laddove cerca conforto trova una quotidianità sconfortante: prova a parlarne ma nessuno sembra interessato, né l’amico sacerdote che lo liquida con frasi da prontuario del confessore, né il padre che avendo sposato una giovane donna sta vivendo la sua seconda giovinezza, né la sorella che, anche se psicologa, non si accorge neppure delle derive adolescenziali della propria figlia. L’unica cosa che sembra importante è salvare l’eredità del padre, tutto ciò che non è materiale sembra rimandabile. Un caso a parte è quello di Lara, tenuta infatti fuori dai “loro” del titolo, figlia della moglie del padre di Carlo, cui va l’eredità, una donna disperata che lotta in silenzio per riavere con sé suo figlio. È qui che la figura di Carlo prende la rivincita, essendo l’unico disposto all’ascolto, alla profondità, l’unico non terrorizzato dall’attesa e dal tempo. Messi da parte i fallimenti (le ragazze africane da lui istruite finite sulla strada) e i richiami nostalgici a un passato in cui c’era “la mamma” simbolo di integrità, decoro e passioni forti, è lui, il fuori-società, l’unico a saper trovare soluzioni e guidare tante identità alla deriva. La comicità c’è, a tratti può apparire lenta o meccanica, di certo non c’è quella freschezza immediata delle prime commedie, ma quello che era ritratto disinteressato dei caratteri italiani è evoluto in riflessione globale e sguardo morale.
Io, loro e Lara [Italia 2010] REGIA Carlo Verdone.
CAST Carlo Verdone, Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Marco Giallini.
SCENEGGIATURA Carlo Verdone, Francesca Marciano, Pasquale Plastino. FOTOGRAFIA Danilo Desideri. MUSICHE Fabio Liberatori.
Commedia, durata 112 minuti.