SPECIALE CARLO VERDONE
La commedia dei telefoni grigi
Che la commedia di Verdone non abbia legami strettissimi con quella definita “all’italiana” è evidente sin da alcuni dei suoi primi film; esclusi i macchiettistici Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone, il suo modo di costruire le vicende, di narrare e di rappresentare un mondo che è lo stesso per quanto riguarda gli spazi geografici, ma diverso per quello che concerne il contesto storico, è differente in maniera lampante.
Semmai ben più vicina a un certo tipo di sofisticazione tipica dei “telefoni bianchi”, del cinema di uno come Camerini (tanto per fare un nome). Borotalco, in questo senso, ne è un esempio perfetto: la vicenda che racconta l’avventura amorosa (?) di Sergio e Nadia, due venditori di enciclopedie musicali, edifica il suo discorso attraverso il linguaggio degli equivoci, e alla fine della fiera, ben più importanti appaiono appunto le implicazioni sentimentali che quelle storico-sociali. Certo, ci sono degli elementi tipici che possiamo scovare nell’altra direzione, ma sono i più deboli e sono ciò che lievemente rende il film stancante: il dialetto, ad esempio, non funziona su tutti i personaggi e il grottesco, che in alcuni frangenti esplode violentemente – ma allo stesso modo rapidissimamente svanisce – non si integra con lo stile prediletto per buona parte del racconto. Ma perché sottolineare dunque tutto ciò? Perché voler mostrare le differenze con la tradizione di quella che è stata la stagione più intensa della commedia italiana? Perché in fondo Borotalco è un film che vuol ammiccare a quel periodo, ma che spesso e allo stesso tempo vuol sospendere il proprio giudizio, come se volesse levitare, assieme ai suoi due protagonisti, in uno spazio immaginifico nel quale si possa assumere le sembianze del personaggio che si è sempre desiderato essere. E questa sospensione (in tutti i sensi possibili e immaginabili) è qualcosa di quasi ossessionante: a rafforzarla c’è il fatto che del passato di Sergio e Nadia non sappiamo assolutamente niente, non conosciamo la loro provenienza, non ne possiamo assaporare più di tanto gli psicologismi. I loro sogni, il loro voler essere ciò che non sono, li catapulta per tutto il film in una dimensione che si lega a un modo di fare commedia ben più classico di quello “all’italiana”. Straordinario è allora quel bacio finale, in cui i due giovani vogliono restare ancorati a ciò che il sogno ha donato loro: la possibilità di avere un luogo in cui la realtà (gli immensi casermoni di cemento armato) non è quella che sembra e un ipotetico altrove dove la fantasia navighi a velocità altissime. Borotalco è una commedia irregolare, ma perfetta nel suo ricercare nuove contaminazioni all’inizio del decennio. I telefoni, d’altronde, negli anni Ottanta erano da tempo diventati grigi.
Borotalco [Italia 1982] REGIA Carlo Verdone.
CAST Carlo Verdone, Eleonora Giorgi, Christian De Sica, Roberta Manfredi, Mario Brega.
SCENEGGIATURA Carlo Verdone, Enrico Oldoini. FOTOGRAFIA Ennio Guarnieri. MUSICHE Lucio Dalla, Fabio Liberatori, Stadio.
Commedia, durata 97 minuti.