La più feroce crudeltà
Scozia, Basso Medioevo. Macbeth, barone di Glamis, sta per affrontare in battaglia il traditore della corona Macdonwald. Per Re Duncan, l’abilità del valoroso condottiero è l’ultima speranza per preservare il regno. Il fato esaudirà le richieste del sovrano ma solo per irriderne la sorte: per Macbeth vittorioso, la profezia di un’imminente ascesa al trono segnerà l’inizio di una tirannide e di una discesa agli inferi.
L’australiano Justin Kurzel riadatta Shakespeare per la settima volta sul grande schermo e si affida interamente alla prosa poetica del Bardo, alla sua vibrante intensità, alla forza delle sue verità sulla natura corruttibile dell’uomo, elementi questi che diventano il vero centro pulsante dell’opera. Il contributo personale del regista si fa cornice ed espressione di una realtà la cui valenza di significato si riscontra nella composizione delle inquadrature: elementi umani e materiali sono disposti in geometrie rigorose, secondo una tecnica di accerchiamento che stringe, senza offrire vie di fuga, sui primi piani dei protagonisti; nell’uso a contrasto di luci e colori, che profilano paesaggi in campi lunghissimi e descrivono una partitura visiva dei diversi stati d’animo (alla fotografia c’è l’Adam Arkapaw di True Detective); nell’accompagnamento in risalto della musica, che apre e poi, soprattutto, copre i momenti più drammatici della storia, secondo una linea di sviluppo simbolica che rispecchia le tortuosità di una mente persa in una spirale di pazzia. Un contributo trattenuto, che non si pone allo stesso livello degli adattamenti più celebri (vedi Welles, Polanski) perché del linguaggio del cinema fa un uso che non sovrasta mai la potenza della parola shakespeariana, bensì la accompagna cercando di metterne in risalto l’insita bellezza della forma. Michael Fassbender e Marion Cotillard forniscono due prove attoriali valide: la lacerazione interiore di un uomo tormentato dai sensi di colpa è fusione mirabile di parole e gesti – quel continuo chiedersi: “vivete o siete nell’immaginazione?” – in cui la verità esplode con tutta la sua carica dirompente; la bellezza angelica di una lady frustrata nel corpo (non ha dato eredi a Macbeth) ma esaltata nelle qualità manipolatrici della sua mente, si fa impasto di contraddizioni umane da cui si sprigiona quel lato oscuro, spietato, presente in ogni essere. “Vivi per essere spettacolo e stupore al mondo”: il viaggio nell’abisso di Macbeth si chiude con una seconda profezia che è, questa volta, anche giudizio morale, sentenza impietosa sull’inutilità delle ambizioni umane. E segna il ciclo di quei corsi e ricorsi storici che nell’avidità e stoltezza dell’uomo identificano il fatale ripetersi del suo agire: il rosso invade lo schermo, ricopre i corpi e impregna la terra. Il destino è, inevitabilmente, nel sangue.
Macbeth [id., Gran Bretagna/Francia/USA 2015] REGIA Justin Kurzel.
CAST Michael Fassbender, Marion Cotillard, Sean Harris, Paddy Considine.
SCENEGGIATURA Jacob Koskoff, Michael Lesslie, Todd Louiso (tratto dal dramma Macbeth di William Shakespeare). FOTOGRAFIA Adam Arkapaw. MUSICHE Jed Kurzel.
Drammatico, durata 113 minuti.