11° Passaggi d’Autore: intrecci mediterranei, 4 – 8 dicembre 2015, Sant’Antioco (CI)
In collaborazione con Passaggi d’Autore 2015, pubblichiamo la seconda di tre recensioni scritte durante il “Laboratorio di critica cinematografica” tenuto da Sara Martin e organizzato dal festival sardo.
Trame di guerra
A Passaggi d’Autore: Intrecci Mediterranei, una delle sezioni è stata dedicata alla Bosnia, in occasione dei vent’anni dal termine della guerra. Ciononostante, ancora oggi la Bosnia vive in una sorta di limbo, così come coloro che a quelle ostilità sono sopravvissuti e che durante queste giornate hanno mostrato attraverso l’occhio critico della cinepresa.
Tredici storie di amore, umiliazione, rabbia e soprattutto di un prepotente desiderio di andare avanti. All’interno di questa rassegna non è mancata la presenza di due film d’animazione, Tolerantia di Ivan Ramadan e Strašila (The Scarecrows), del regista Berin Tuzlić: non sempre è necessario filmare il reale per raccontarsi e raccontare. I racconti dei fatti avvenuti nei Balcani sono stati per il pubblico di Passaggi d’Autore come una doccia di acqua gelida per il loro porre l’accento sul fenomeno della violenza sui minori. I fotogrammi di Orfej (Orpheus) mostrano bimbi di ogni età correre da una parte all’altra di un ponte, ridono, si muovono incurvando la schiena, giocano contro la morte e contro il mirino del cecchino appostato pronto a premere il grilletto. Dopo i bambini ci sono le donne. In Crvene Gumene Čizme (Red Rubber Boots) la cineasta Jasmila Žbanić racconta i momenti successivi al conflitto: una madre cerca i suoi due figli, li cercava vivi, li cerca morti tra le fosse comuni seminate tra le terre della Bosnia, la più piccola indossava degli stivaletti di gomma rossi. Subito ci torna alla mente il cappottino scarlatto della bimba bionda di Spielberg, simbolo dell’Olocausto e della morte dell’innocenza. Rosso è infatti il filo conduttore di tutte le guerre, è il sangue di un figlio raccolto da una madre. Sono scene crude, scene di disperazione, di un’umanità dimenticata all’interno di una realtà quotidiana fatta di filo spinato e bombardamenti. Nel dibattito, i registi bosniaci Srđan Vuletić, Ado Hasanović e Daniele Onori (Ufficio Cultura dell’Ambasciata Italiana a Sarajevo) hanno discusso della situazione attuale della Bosnia, del desiderio di rinascita di un popolo che deve avvenire non attraverso la politica della separazione, ma attraverso l’arte e la cultura. Dalla platea si chiede loro cosa si può fare per cambiare, per aiutare. La risposta di Ado Hasanović è spiazzante e va a colpire direttamente il cuore del problema: “Per capire, per essere liberi, bisogna viaggiare e studiare”.
Autrice
Martina Uda
Specializzanda in Lingue per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale. Le sue passioni sono arte, cinema, musica e letteratura. Nelle ore libere si dedica alla scrittura.