Afa, maledetta afa
Reduce dalla pioggia di Premi Goya ricevuti (ben 10) e dall’immenso successo di pubblico, arriva anche nelle nostre sale il noir spagnolo La isla mínima, ambientato in un’affascinante terra di paludi, isolette e acquitrini dell’Andalusia (il delta del Guadalquivir), sotto molti aspetti simile al Sud degli Stati Uniti spesso sfondo di film dalle trame e tematiche simili.
Una coppia di detective, diversissimi tra loro ma con un certo disincanto di fondo in comune, raggiunge lo sperduto paese per indagare sulla scomparsa di due giovani ragazze: la scoperta dei loro cadaveri toglie il coperchio sull’esistenza di un serial killer, su una certa omertà e sulle contraddizioni della piccola comunità, causate anche dal contesto storico del paese (siamo nel 1980, all’alba cioè della democrazia dopo decenni di dittatura franchista). Il regista Alberto Rodríguez si ispira a molti degli archetipi, visivi e narrativi, del genere, cercando di rafforzarli come metafora della storia spagnola e cercando, spesso al limite della “stilizzazione”, di ottenere il massimo dalla rappresentazione scenografica e “significante” degli ambienti. Operazione in linea di massima riuscita, perché il fascino del film nasce proprio da questo, più che dall’abbastanza prevedibile evolversi dell’intreccio. Gli ambienti di per sé caldi e soleggiati esprimono cupezza e malessere, grazie alla fotografia monocromatica che tende a far risaltare gli aspetti più “afosi” e opprimenti, e la vastità del paesaggio esprime, per contrasto, la chiusura della piccola comunità: significative, oltre che molto belle, le frequenti inquadrature dall’alto, con la cinepresa che zooma all’indietro, rendendo la geometria degli acquitrini, dei canali, dei canneti e delle isolette metafora visiva dell’impossibilità della fuga, che sia quella dei due disincantati poliziotti o quella delle ragazze dall’opprimente quotidianità del paesello. Questi quadri, dal fascino inquietante, possono anche essere letti come simbolo della situazione bloccata della Spagna all’alba degli anni Ottanta; del resto i riferimenti al contesto storico sono inequivocabili, e gestiti in maniera intelligente e non didascalica con sequenze e scambi di battute veloci, e proprio per questo più incisivi. C’è forse troppa carne al fuoco ne La isla mínima, non tutte le suggestioni sono approfondite allo stesso modo, e il regista si mostra più abile nel descrivere e nel far risaltare le atmosfere che nel narrare, ma il fascino, disturbante e cupo, del film è innegabile e lascia lo spettatore assolutamente soddisfatto, per quanto anche un po’ inquieto. Per concludere con una battuta, il film conferma anche il ruolo di primo piano che i fenicotteri, dopo La grande bellezza, stanno assumendo nel cinema contemporaneo.
La isla mínima [id., Spagna 2014] REGIA Alberto Rodríguez.
CAST Javier Gutiérrez, Raul Arévalo, Maria Varod, Jesus Ortiz, Perico Cervantes.
SCENEGGIATURA Rafael Cobos, Alberto RodrÍguez. FOTOGRAFIA Alex Catalan. MUSICHE Julio De La Rosa.
Noir, durata 108 minuti.
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