SPECIALE SULLE ORME DI SHERLOCK
La lepre e la volpe
Prima di Robert Downey Jr. e Benedict Cumberbatch, prima di Christopher Lee, Peter Cushing e Basil Rathbone: Sherlock Holmes esordisce al cinema addirittura nel 1903, nel breve filmato Sherlock Holmes Baffled.
L’amato (e molto odiato) personaggio di Sir Arthur Conan Doyle conoscerà la piena notorietà tuttavia solo nel 1922, con lo Sherlock Holmes girato da Albert Parker, interpretato da John Barrymore (fratello di Lionel) e tratto da un’opera teatrale del 1899. Armato di pipa, lente, mantellina e cappello da caccia, il detective di Baker Street entra in scena quasi per caso, “evocato” dall’amico Watson: è uno Sherlock giovane, studente a Cambridge e ancora per certi versi impacciato. Soprattutto timido, nel momento in cui conosce la bella Alice Faulkner e se ne innamora perdutamente. È un tratto distintivo a cui non siamo abituati: questo “Sherlock in Love” dovrà combattere sì contro la perfidia del professor Moriarty – sorta di incarnazione del male assoluto vagamente somigliante allo Scrooge di Canto di Natale, che mira alla conquista del mondo – ma dovrà anche tenere a bada alcuni errori dettati dalla sua innata capacità di sognare ad occhi aperti, dal desiderio di proteggere la sua amata. Ma se è vero – come suggerisce la didascalia iniziale – che “La vita è infinitamente più bizzarra di qualsiasi fantasticheria possa creare la mente umana”, questa “umanità” dell’infallibile investigatore va accettata di buon grado, soprattutto perché chiaramente contrapposta all’ottusa ed “espressionista” malvagità di Moriarty, presentato con una sovrimpressione che lo pone al centro di una ragnatela. L’arcinemico è una volpe, furbo profittatore con al suo servizio tutta una serie di anonimi scagnozzi; mentre il buon Holmes è una lepre, che può battere il proprio avversario contando sulla rapidità del suo metodo deduttivo. Sherlock è solo (il ruolo dello Watson interpretato dall’esordiente Roland Young è molto marginale), ma può tutto in virtù del suo straordinario talento, pur offuscato dall’ombra di malinconia che attraversa il suo sguardo. Lo Sherlock Holmes di Parker (che 4 anni dopo conoscerà la definitiva consacrazione con Il pirata nero, alias Douglas Fairbanks) è uno dei perfetti esempi di maturità del cinema muto, una materializzazione della pagina romanzata letta da gran parte del pubblico nello stesso periodo. Un’informazione banale, forse, ma utile a comprendere come nell’atmosfera misteriosa della Londra dell’epoca lo spettatore si immedesimasse totalmente, dopo aver solo immaginato le avventure di un beniamino che sarà protagonista di romanzi e racconti fino al 1928. Per questo non si può che definire Sherlock Holmes un pezzo unico, un originale inestimabile: perché non è stato vittima della “reinvenzione” del personaggio, come accaduto nelle decadi successive.
Sherlock Holmes [id., USA 1922] REGIA Albert Parker.
CAST John Barrymore, Roland Young, Carol Dempster, Gustav von Seyffertitz, Louis Wolheim.
SCENEGGIATURA Earle Browne, Marion Fairfax. FOTOGRAFIA J. Roy Hunt.
Drammatico/Giallo, durata 85 minuti.