SPECIALE SULLE ORME DI SHERLOCK
Sherlock Holmes, i ricchi, i poveri e la morale
Le buone intenzioni sono necessariamente punite, questa è la maledizione dei Baskerville. O più precisamente la maledizione che, per quanto ne sappiamo, ricade su Charles Baskerville e soprattutto sul suo ultimo discendente Henry; è costui infatti che deve subire le ricadute del gesto di un suo antenato, tale Hugo, che accoltellò a morte la figlia di un proprio servitore in quanto non era disposta a lasciarsi “corteggiare”.
Tale azione portò all’uccisione di sir Hugo da parte di una belva feroce che dovrebbe essere l’entità tanto temuta e che perseguiterà – secondo quello che ci dice la leggenda – i maschi della famiglia Baskerville nei secoli dei secoli. Ma sir Henry è una personcina per bene, capace appunto di avere solo buone intenzioni: cos’è dunque che veramente minaccia la vita di questo perfetto lord inglese? Per scoprirlo bisognerà affidarsi a quello che è senza ombra di dubbio il più grande investigatore privato del Regno Unito e di tutti i tempi: sir Sherlock Holmes. Il colpo da maestro di Fisher e del suo sceneggiatore Peter Bryan è quello di configurare tutta la vicenda come una lotta più o meno ambigua tra ricchi e poveri, tra eredi legittimi e illegittimi, e di conseguenza – e non è una novità per il cinema del regista inglese – tra bene e male. La situazione si configura con chiarezza; nell’elementarità del cinema fisheriano i buoni vengono sempre uccisi dai cattivi, a meno che un’altra forza benefica e più astuta intervenga per interrompere la catena. Ma il cinema di Terence Fisher è tanto basilare quanto solido: intriso di atmosfere gotiche, i suoi scenari sono sempre costruiti su una logica di stampo inglese, dove anche nella vicenda più fantastica non si perde mai un modo di fare che prediliga la razionalità a tutti i costi. E ne La furia dei Baskerville tutto ciò si configura in maniera quanto mai arcigna, perché l’intervento del fantastico è a mala pena accennato e la presenza di due figure come quella di Holmes e del suo fido aiutante Watson servono a calmierare quella dimensione che invece è solitamente più forte in quasi tutto il resto della produzione hammeriana. Ma torniamo a noi: le buone intenzioni, dicevamo, sono sempre punite. Cosa c’è di positivo e cosa di negativo in questo che è sicuramente l’assunto che il film vuol dimostrare? Di positivo c’è che in qualche modo si fa la morale “al contrario”, nel senso che se sei buono (come sir Henry, o la figlia del servitore) perirai sempre e comunque a meno che non intervenga un altro buono (ma buono perché pagato, vedi sir Holmes) a salvarti. Di negativo c’è che gli idioti e i ricchi non moriranno mai. Ma in fondo, anche questa mia affermazione sa un po’ di morale. Alla fine, come scriveva Roberto Gervaso, “tutti abbiamo una morale. Ma ognuno ha la sua”.
La furia dei Baskerville [The Hound of Baskervilles, Gran Bretagna 1959] REGIA Terence Fisher.
CAST Christopher Lee, Peter Cushing, André Morell, Marla Landi, Francis De Wolff.
SCENEGGIATURA Peter Bryan (dal romanzo Il mastino dei Baskerville di Arthur Conan Doyle). FOTOGRAFIA Jack Asher. MUSICHE James Bernard.
Thriller/Horror, durata 87 minuti.