8° Archivio Aperto, 23 ottobre – 5 dicembre 2015, Bologna
Dare nuova eco al passato
Tra gli appuntamenti più attesi di questa VIII edizione di Archivio Aperto figurava senza dubbio la proiezione in anteprima mondiale del restaurato documentario Guerra Nostra, proiettato il 2 novembre nella splendida cornice dell’Oratorio San Filippo Neri. Presentata per la prima volta a Roma nel 1927, l’opera curata da Luciano De Feo è uno dei primi documentari sulla Grande Guerra realizzati con materiali d’archivio: un vero e proprio racconto dei momenti decisivi del primo conflitto mondiale, ripresi da cineoperatori civili e militari.
La copia ritrovata da Home Movies nei suoi preziosi archivi risale al 1928, quando dalla prima versione in 35 mm, oggi perduta, ne venne distribuita una ridotta in 9,5 mm, per una diffusione più ampia presso la popolazione italiana. Guerra Nostra è uno dei primi e più importanti sguardi del nostro Paese sul proprio passato, interessantissima testimonianza filmata di rievocazione storica di propaganda bellica, nonché modello a cui si rifaranno importanti produzioni successive, come il famoso Gloria – La Grande Guerra diretto da Roberto Omegna nel 1934. E tale importanza storica viene ulteriormente arricchita da una profonda valenza filologica attorno alla rara copia ritrovata, trattandosi dell’unica attualmente superstite, sottoposta così a restauro e digitalizzazione in 2K e, dopo quasi novant’anni, resa nuovamente visibile al pubblico, in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale. Ma la grandezza di questo documento e l’unicità della proiezione all’interno di Archivio Aperto non si esauriscono unicamente nell’interesse archeologico. Presentato nella categoria Live Cinema, Guerra Nostra è stato proiettato con l’accompagnamento di una sonorizzazione dal vivo curata dal compositore e artista Roberto Paci Dalò, il cui eclettismo ha condotto verso un vero e proprio spettacolo visivo ed uditivo, spingendosi ben oltre la semplice rimusicazione di una pellicola muta. Quella operata da Dalò è stata una precisa rielaborazione e reinterpretazione del materiale d’archivio, dando vita ad una partitura che, come egli stesso sostiene, “crea un contrappunto che dà voce e colore alle immagini”. Sono immagini che dunque si animano e prendono forma sullo schermo, avvolte da un tappeto sonoro in cui strumenti acustici ed elettronici si compenetrano alla perfezione, donando alle figure proiettate una profonda liricità ed un’aura enfaticamente tragica. Le melodie dei clarini si fondono perfettamente coi suoni dei synth e dei sampler, le cui modulazioni si inseriscono nelle pieghe dei rumori avvolgenti e degli effetti sonori, mentre di tanto in tanto si fanno avanti le note malinconiche e lontane di un’antica celesta, ad impreziosire una suggestiva ed intensa “drammaturgia acustica”, che si fa dunque metafora dell’incontro di epoche e tempi distanti, di un passato necessariamente riattualizzato. Un passato sepolto, ma non dimenticato e come un prezioso scavo, riportato alla luce.