SPECIALE BOND, JAMES BOND
Mi chiamo Bond, non Sean
Nella prima sequenza di Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà, Bond appare di spalle. Il volto in ombra, a bordo della sua Aston Martin DBS. Prima di poterlo guardare in faccia trascorreranno cinque minuti e il motivo è molto semplice: non si tratta di Sean Connery.
George Lazenby, per la prima e ultima volta nei panni dell’Agente 007, impugna il binocolo, individua una magnifica donna sul punto di suicidarsi, viene aggredito mentre la salva e, sconfitti gli avversari, se la vede fuggire davanti. E a questo punto esclama: “Non era mai successo a quello di prima”. Non manca l’ironia al sesto film della serie, destinato a passare alla storia non soltanto come l’unico di Lazenby, fotomodello australiano scritturato in extremis, dopo che anche Dalton e Roger Moore avevano rifiutato la parte, ma anche per le indubbie qualità rivalutate solo con gli anni. Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà è infatti un film peculiare in molti sensi. In primo luogo, è il solo diretto dall’ottimo Peter Hunt, già montatore eccellente per la serie, qui capace di restituire un ritmo avvincente ed equilibrato, nonostante la componente sentimentale decisamente più marcata rispetto agli altri film. Non bastasse l’idillio tra Bond e Tracy sulle note dell’immortale We Have All The Time in The World di Louis Armstrong, divenuta vero e proprio topos del romanticismo sul grande schermo, Hunt ha dovuto fare i conti con un Bond meno super-oministico e ultra-accessoriato, ma più sensibile e sognatore, dunque più umano e più vulnerabile. Una profondità del personaggio che il regista esplora senza attardarsi, innestandola in un impianto di audace spettacolarità. La straordinaria sequenza della fuga sugli sci, in cui Bond fronteggia la sua nemesi Blofeld, ne è l’esempio emblematico. E proprio il Blofeld di Telly Savalas è forse il personaggio più riuscito, meno mellifluo e aristocratico del solito, ma pur sempre elegante e seduttivo, vero alter ego del protagonista, con il vezzo della sigaretta impugnata in verticale. Una parentesi a parte merita infine la colonna sonora: è John Barry a firmarla per la quinta volta e il suo tema, On Her Majesty’s Secret Service, si sostituisce al James Bond Theme di Monty Norman. La scena in cui Bond raccoglie dall’ufficio i propri effetti personali, con l’intenzione di licenziarsi, è inoltre un piccolo tocco da maestro: ognuno di questi richiama una delle pellicole precedenti ed è accompagnato dal tema musicale del corrispondente film. Un omaggio che non è bastato a ingraziarsi la critica dell’epoca ma che adesso ha lo stesso il sapore nostalgico di un Martini agitato, non mescolato.
Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà [On Her Majesty’s Secret Service, Gran Bretagna 1969] REGIA Robert Hunt.
CAST George Lazenby, Diana Rigg, Telly Savalas, Gabriele Ferzetti, Ilse Steppat.
SCENEGGIATURA Richard Maibaum (dall’omonimo romanzo di Ian Fleming). FOTOGRAFIA Michael Reed. MUSICHE John Barry.
Spionaggio/Azione/Thriller, durata 140 minuti.