Rinascere se stessi
Dheepan è forse il nome di un giornalista che ha lavorato in Sri Lanka per una ong, ma Dheepan è morto e colui che porta la sua storia in un ufficio francese per l’immigrazione è Sivadhasan, ex-militante nel corpo rivoluzionario delle Tigri Tamil. Ha lasciato lo Sri Lanka appropriandosi dell’identità di qualcuno che stava per emigrare con la famiglia. Tutto è finto, anche la moglie Yalini e la figlia Illayaal, tranne la propria identità più profonda, i valori, i caratteri, le ambizioni che ciascuno porta con sé.
Dopo un primo periodo di adattamento da venditore ambulante, il nuovo Dheepan trova lavoro ed alloggio per lui e per la sua famiglia in una banlieue che ha nome “Il prato” o “Il pascolo”. Al centro dell’enorme prato verde i palazzi malmessi a molti piani, con gli interni bui e labirintici, sono dominio di gang locali che impongono il proprio potere e le proprie leggi sull’abitato. A Dheepan vengono affidati lo smistamento della posta, le pulizie degli spazi comuni, la manutenzione del cortile. Il suo punto di vista è privilegiato, è allo stesso tempo interno ed esterno ai loschi traffici delle gang, ha accesso a luoghi e trattamenti esclusivi. Dheepan viene così ad assumere un ruolo da intermediario tra il “potere” e i semplici abitanti che vorrebbero condurre una vita tranquilla. Quando gli umori si accendono e i conflitti intestini creano fazioni nemiche tra i malviventi, tutto l’orgoglio, l’ardore e la storia di Dheepan vengono fuori in un’esplosione di violenza improvvisa. Per salvare la finta moglie, di cui si è ormai innamorato, commette una strage che, secondo le ultime scene, resta impunita. Vita, morte, cambiamenti, transizioni, identità, sono sempre al centro del cinema di Audiard, la cui premiazione a Cannes con questo Dheepan sembra essere più una compensazione di un debito che un premio all’opera in sé, che è forte, solida, ma in qualche modo inconcludente o programmatica. Si apprezza il tema, colto con l’occhio e l’angolazione giusta, si apprezza il credibilissimo cast, si apprezza la messa in scena degli spazi nel persistente dialogo tra dentro e fuori, chiuso e aperto, che non è altro che dire protezione e rischio, conosciuto e sconosciuto, ordine limitato e caos incontrollabile. E che bello il doppiaggio, discreto nel relegare i momenti francesi (e da noi italiani) ai brevi dialoghi con terzi, lasciando per l’80% del film spazio alle lingue singalese e tamil sottotitolate. I momenti migliori sono quelli più intimi: il rapporto con la scuola di Illayaal, l’attrazione fisica tra Dheepan e Yalini, l’ambizione verso modelli occidentali e stereotipati di quest’ultima. È un’opera che tende tutta al finale ma il cui finale risolve troppo frettolosamente i robusti filoni intessuti fino ad allora.
Dheepan – Una nuova vita [Dheepan, Francia 2015] REGIA Jacques Audiard.
CAST Jesuthasan Antonythasan, Kalieaswari Srinivasan, Claudine Vinasithamby, Vincent Rottiers.
SCENEGGIATURA Jacques Audiard, Thomas Bidegain, Noé Debré. FOTOGRAFIA Eponine Momenceau. MUSICHE Nicolas Jaar.
Drammatico, durata 109 minuti.