Il coach che tutti vorremmo avere
1987. Trasferitosi con la propria famiglia a McFarland, realtà agricola popolata perlopiù da braccianti ispanici il cui livello di povertà diffusa mal si sposa con l’idea che generalmente si ha della California, un professore si rende conto dell’indigenza e della mancanza di prospettive diffuse tra gli studenti ma anche delle loro grandi potenzialità atletiche. Crea allora una squadra di corsa campestre per aiutarli a riscattarsi.
In un mondo artistico tempestato dal continuo via vai di presunti o reali divi che poi, come fugaci meteore, scompaiono improvvisamente dal viale del successo non appena il seguito nei confronti di quel determinato fenomeno televisivo o cinematografico che li ha portati repentinamente alla ribalta svanisce, il premio Oscar Kevin Costner è una certezza. Anche se lontano dai grandi consensi planetari che la critica e le platee gli hanno riservato nella prima metà degli anni Novanta a fronte di inarrivabili risultati sia davanti che dietro la macchina da presa, la sua solida e costante filmografia rassicura gli spettatori: che vesta i panni del maggiore Dunbar, quelli di un agente della CIA, la calzamaglia in stile medievale di Robin Hood o il giubbotto antiproiettile da bodyguard poco importa. Il film in sé o il suo plot potranno forse anche deludere in parte le aspettative ma Costner, che − ci scommettiamo − sceglie accuratamente i copioni nei quali apparire, mai. Attorno ai suoi personaggi aleggia infatti sempre un’aura di leggenda ed eroismo, anche quando il contesto filmico – proprio come accade in questo lungometraggio targato Disney − sembra lontano anni luce da ambientazioni belliche o storiche. Intervistato dalla rivista People a ridosso dell’uscita al cinema del film, l’attore confessa infatti di ammirare immensamente Jim White, professore e coach le cui gesta hanno ispirato il suo personaggio, definendolo come “il meglio del meglio, un uomo cortese e tranquillo che ha insegnato agli adolescenti che tutto è possibile”. In altre parole un eroe in carne e ossa del mondo reale che, in qualche modo, è riuscito tenacemente a piegare con le proprie mani il destino professionale e personale dei giovani studenti che hanno avuto la fortuna di imbattersi in lui: ragazzi e ragazze latinos, nati e cresciuti in una delle cittadine più povere degli USA e destinati a consumare la loro esistenza trascinandosi faticosamente tra i campi coltivati a ortaggi e frutta per essere pagati a cottimo, proprio come i loro famigliari. Niki Caro, pur profondamente ammaliata dalla vicenda di White, non era interessata a girare un film in toto biografico – sono molti i fatti che differiscono dal vissuto del professore, ad esempio Jim non fu mai licenziato a causa di accesi diverbi con gli alunni −, quanto piuttosto a valorizzare la speranza infusa dall’esempio pazzesco di quest’uomo semplice che ha caparbiamente traghettato i suoi studenti oltre i confini di un’indigenza sia spirituale che economica.
McFarland, USA [id., USA 2015] REGIA Niki Caro.
CAST Kevin Costner, Maria Bello, Morgan Saylor, Daniel Moncada.
SCENEGGIATURA Christopher Cleveland, Bettina Gilois. FOTOGRAFIA Adam Arkpaw, Terry Stacey. MUSICHE Antonio Pinto.
Commedia, durata 129 minuti.