10a Festa del Cinema di Roma, 16-24 ottobre 2015, Roma
Il tempo senza l’uomo
Anche una lattina incastrata sotto uno scarpone può avere un suono magnifico se, privati di essa, ciò che resta è un silenzio senza interruzioni, così immobile da escludere ogni forma di vita e vitalità. Ma tali sono i mondi esplorati da Yoko Suzuki, un essere con l’aspetto di donna e l’animo di una macchina.
Dopo «alcuni grandi errori» gli esseri umani si ritrovano ad essere una specie in estinzione sparsa nell’universo, Yoko consegna spedizioni tra pianeti lontanissimi, più di ottanta pacchi per un viaggio che forse occuperà il suo intero ciclo di vita. Eppure il teletrasporto è ormai tecnica collaudata e le spedizioni lunghe anni non sembrerebbero avere più né senso né mercato, gli uomini invece continuano a preferirle. Sta nell’attesa il gusto e non nel contenuto? Sembra dimostrarlo lo scarso valore degli oggetti nei pacchi – mozziconi di sigarette, vecchi bicchieri di carta piegati, ritagli rovinati di pellicola – e la poca fretta dei destinatari nell’aprire i coperchi. Gli uomini ritratti hanno perso il senso del passare del tempo, stanno immobili in casa o in riva al mare, vivono solo per aspettare e non per fare. Le consegne li aiutano a tenersi vivi. Sono pochi i mezzi e le idee su cui lavora Sion Sono, ottenendo sintesi, concentrazione, rigore, densità. I mezzi sono principalmente tre: innanzitutto il bianco e nero che si nega in una sola scena in cui movimento e bellezza sembrano restituire vita all’aridità circostante; poi il suono come tempo finito (o il tempo finito come suono), quando c’è ritmo il tempo “conta” ed “è contato”, il rubinetto, la lattina, la scansione inutile in giorni della settimana, le farfalle morenti nella lampada sono segnali di vita ma di vita al tramonto; infine la ripetizione, di frasi, di gesti, come indifferenza al futuro o al passato, come non esistesse memoria e tutto fosse un ciclo di decisioni, operazioni, che, con un punto di vista meccanico-informatico, non generano mai né dubbio, né noia: la ripetizione come tempo infinito.
The Whispering Star però, oltre a essere un’opera dall’importante contenuto estetico, è, nei suoi tratti extradiegetici, un’opera fortemente politica: il luogo scelto per le riprese dei mondi abbandonati dalla società umana è Fukushima, luogo simbolo del chiudere gli occhi di fronte all’evidente pericolo. Girare lì vuol dire mostrare che l’estremizzazione messa in scena si sta già facendo reale sotto gli occhi di tutti. In quelle strade il nostro tempo-denaro e il nostro progresso perpetuo, che esclude il progresso dell’uomo in sé, non hanno più senso. Siamo già una specie protetta, e abbiamo bisogno di misure speciali come quelle di Yoko che, atterrando su un pianeta di soli umani, riduce le emissioni sonore che, oltre i 30 decibel, potrebbero uccidere.
The Whispering Star [Hiso hiso boshi, Giappone 2015] REGIA Sion Sono.
CAST Megumi Kagurazaka, Yûto Ikeda, Mori Kouko, Kenji Endo.
SCENEGGIATURA Sion Sono. FOTOGRAFIA Hideo Yamamoto. MUSICHE Hajime Komiya.
Fantascienza, durata 100 minuti.