10a Festa del Cinema di Roma, 16-24 ottobre 2015, Roma
Tutto è relativo
Una delle tante ragazze scomparse dalla propria famiglia vive relegata da ormai sette anni in una stanza adibita a casa, ricavata da un capanno degli attrezzi. Quando il figlio Jack compie cinque anni, la speranza di tornare a casa e di rivedere l’esterno diventa sempre più reale. Il film è ispirato al caso Fritzl e al romanzo della sceneggiatrice Stanza, letto, armadio, specchio.
Room è un film quanto mai stratificato e pregnante di argomenti che dialogano tra loro non direttamente, bensì manifestandosi attraverso le loro conseguenze. Forse il pregio maggiore della pellicola sta proprio in questa misura nell’esplicitare eventi e meccanismi evidentemente in atto, scongiurando così il rischio di cadere in retorica e pomposità. Sono infatti chiari i riferimenti alle violenze subite dalla ragazza e, ancor di più, il rapporto di amore/odio che lega la famiglia atipica alla sua gabbia. Evitando di sceneggiare l’intero film durante la prigionia, si ha la possibilità quasi inedita nel cinema mainstream di osservare il “dopo” e di vedere come tutta questa esperienza venga rielaborata dai vari personaggi, protagonisti o giornalisti che siano. Particolarmente emblematica è l’intervista rilasciata da Joy una volta tornata a casa che, sicura della buona fede e dell’inequivocabilità delle scelte prese negli anni di reclusione soprattutto riguardo al figlio si trova di fronte a domande, del tutto lecite, che mostrano però un’altra faccia della medaglia. Da qui si accenna poi alla necessità del confronto e della consapevolezza del proprio punto di vista, lasciando che siano i fatti a parlare per loro. I due protagonisti incarnano in pieno questo spirito relativistico: soprattutto il piccolo Jack che deve imparare a fare i conti con altre realtà e dimensioni, con un mondo che non sempre è lineare come Stanza, Lavandino, Porta e gli altri suoi amici. Con una sceneggiatura che si lascia poco andare a cavilli e dettagli, gli interpreti creano momenti di fortissima emozione, che senza calcare la mano diventano i motori di una commozione (in senso lato) inevitabile. La forza delle immagini è indiscutibile: dal letterale cielo in una stanza alla figurata forza sansonica nei capelli, Abrahamson compone un’opera encomiabile per molti aspetti, prima fra tutti la delicatezza puntuale con cui ha reso le innumerevoli sfaccettature della vicenda. Pur tralasciando, come già accennato, alcuni dettagli a favore di una maggiore forza emotiva, Room non pecca di presunzione poetica, non si perde in oniriche riflessioni e immagini suggestive, delegando tutta la comunicazione del disagio creato ai fatti stessi. Se una speculazione narrativa si è inevitabilmente messa in moto, questa è rimasta in disparte a muovere i fili della trama.
Room [Id., Irlanda/Canada 2015] REGIA Lenny Abrahamson.
CAST Brie Larson, Jacob Tremblay, Joan Allen, Sean Bridgers, William H. Macy.
SCENEGGIATURA Emma Donoghue. FOTOGRAFIA Danny Cohen. MUSICHE Stephen Rennicks.
Drammatico, durata 118 minuti.