Lo sguardo privo di morale
Non si può valutare con lo stesso metro un film realizzato in paesi di lunghe tradizioni cinematografiche, dove libertà, fascino per lo spettacolo, comodità logistiche e tecniche, riservatezza e provocazione artistica possono intersecarsi nel luogo chiamato set e suscitare mistero, attesa, rispetto, e film girati tra innumerevoli limitazioni, tecniche e artistiche.
Il regista Nabil Ayouch vive sotto scorta ed il resto del cast ha subito aggressioni fisiche e verbali. Gli spazi chiusi, gli interni, che prendono la quasi totalità del film non sono allora scelte di regia, comodi ambienti in cui poter giocare con l’illuminazione da studio: sono la manifestazione fisica del “dovere” di restar nascosti. In Much Loved riemerge il potere del cinema come possibilità: occhio che guarda o spia anche nei luoghi più sordidi e porta alla luce pieghe dell’umano intrise di vergogna. Ciò che fa male a chi vorrebbe nascondere, a chi ha nascosto con la censura, proteggendo lo spettatore marocchino da immagini così offensive, così troppo scoperte, così troppo vere, è la schiettezza dell’immagine, il linguaggio senza epiteti, l’assenza di pudore, tutto spiattellato agli occhi del mondo senza la morbidezza, il senso graduale dell’accostarsi a tematiche simili che “dovrebbe” essere proprio di un cinema di finzione. Lo “scandalo” Ayouch sta tutto nell’aver strappato il velo tra pubblico e privato, nell’aver con irruenza – tale è la scena d’apertura – tolto le tendine alle finestre e rivelato che il fuoco che vorrebbe bruciare il suo film per ingiustizia e immoralità è lo stesso fuoco che tiene acceso e vivo il mondo della prostituzione. Le quattro protagoniste prese insieme, con tutte le loro vicende sentimentali e familiari, raccontano la femminilità quasi completandone le possibili sfaccettature. Poco però è stato detto sulla controparte maschile, ora superficiale, ora innamorata, ora pratica, ora sognante, ora logorroica, ora muta. E Said, personaggio di contorno, autista e tuttofare, sempre vicino alle ragazze e a loro supporto, sembra svolgere il compito di un regista “alla giusta distanza”, lascia agire le quattro donne, non giudicandole, distaccandosene e restando loro legato come fossero la sua unica famiglia. Forse il punto di vista, su cui più di un critico si è interrogato, è proprio il suo. Sono sbagliate le accuse di voyeurismo, di compiacimento su ciò che si vorrebbe contestare, ogni spettatore di fronte ad un film simile guarda lo schermo attraverso il proprio mondo e le proprie strutture psicologiche e sociali. Chi accusa Ayouch di non essere andato fino in fondo dovrebbe accusare il proprio modello di denuncia, infarcito di retorica e ambiguo pietismo, che vorrebbe applicare a qualsiasi prodotto che non sia di puro intrattenimento.
Much Loved [Zin Li Fik, Marocco/Francia 2015] REGIA Nabil Ayouch.
CAST Loubna Abidar, Halima Karaouane, Asmaa Lazrak, Abdellah Didane.
SCENEGGIATURA Nabil Ayouch. FOTOGRAFIA Virginie Surdej. MUSICHE Mike Kourtzer.
Drammatico, durata 104 minuti.