“Qual è il tuo piano?”
Dando ormai per scontate le caratteristiche fondanti dei prodotti young adult – pellicole per post-adolescenti spesso ambientate in futuri prossimi venturi distopici, in cui i “giovani adulti” devono comprendere il loro ruolo nel mondo – ci si può ancora stupire quando si avverte nella struttura della narrazione uno scarto, un passaggio inedito o inaspettato.
È quello che è accaduto con Maze Runner – Il labirinto, primo capitolo tratto dai romanzi di James Dashner. Pur nell’assurdità dei suoi presupposti, l’idea inverosimile di un’umanità senza memoria chiusa in una radura al centro di un labirinto aveva e ha tutt’ora un senso, soprattutto nella metafora del passaggio alla maturità: conviene adagiarsi sulle proprie poche ma rassicuranti certezze o gettare il cuore oltre l’ostacolo, superando la comfort zone e sfidando l’ignoto? Quel primo episodio fornisce allo spettatore una discreta quota di fanciullesco stupore: il rompicapo lascia molteplici dubbi da sbrogliare, e la sospensione dell’incredulità punta ad una sorta di “grado zero” dell’immedesimazione. Siamo imprigionati allo stesso modo dei protagonisti, e come loro non abbiamo altri indizi se non quelli scoperti passo dopo passo. Il confronto con il libro di riferimento non c’entra: un film deve stare in piedi da solo, deve essere fruibile da tutti alla stessa maniera. E quel Maze Runner – al netto di alcune comprensibili ingenuità di scrittura – stava in piedi, eccome. Al punto da creare aspettative sui successivi sviluppi. Non si può negare che questa seconda parte del progetto tenga viva l’attenzione per tutte le sue due ore di durata, perché i ragazzi dopo l’evasione dal giardino di cui sopra passano ad un altro luogo di “detenzione” e perché dovranno nuovamente imparare a discernere il bene dal male. Ciò che viene a mancare tuttavia è quel briciolo di originialità che ci pareva di aver scorto fra le righe appena un anno fa: Maze Runner – La fuga assomiglia in modo troppo insistente a tutto l’immaginario sci-fi che ormai mandiamo a memoria. E potremmo affermarlo senza tirare in ballo l’ovvio punto di riferimento Hunger Games, trascurabile nel momento in cui il nostro sguardo si riempie di sequenze che sembrano prese pari pari da Mad Max: Fury Road (il pellegrinaggio nell’infinita Zona Bruciata), The Walking Dead (l’apparizione degli Spaccati) e Transcendence (il contrasto fra paesaggio agricolo e laboratori futuribili). Sarebbe sciocco bastonare e condannare l’opera seconda di Wes Ball, anche se val la pena fare nostra la domanda ricorrente che tutti rivolgono al protagonista Thomas: qual è il tuo piano? Un quesito che se nel primo film è stato foriero di buoni presentimenti, ora s’è inevitabilmente trasformato in un brutto presagio: quello di essere davanti all’ennesima copia di una copia (di una copia) di una saga di successo.
Maze Runner – La fuga [Maze Runner: The Scorch Trials, USA 2015] REGIA Wes Ball.
CAST Dylan O’Brien, Kaya Scodelario, Giancarlo Esposito, Barry Pepper, Lee Ki-hong.
SCENEGGIATURA T.S. Nowlin. FOTOGRAFIA Gyula Pados. MUSICHE John Paesano.
Fantascienza/Azione, durata 132 minuti.