Vita di un tranquillo antisemita
Leonardo Zuliani sembra un ragazzo come tutti gli altri fino a quando comincia a mostrare un’inclinazione particolare del suo carattere traducibile come “antisemitismo”. Comincia prendendo di mira un compagno di classe ebreo e arriva, nel giro di pochi anni, a diventare un paladino della libera espressione antisemita: al pari degli omofobi, che cercano di impedire la libera espressione di un amore, lui si chiede perché anche gli antisemiti non dovrebbero avere il diritto di esprimersi.
L’intento del regista esordiente Alberto Caviglia è realizzare un mockumentary, ovvero un falso documentario, su di un ragazzo che, nell’Italietta contemporanea, diventa un paladino sfruttando il cavillo ideologico ed eternamente interpretabile della libertà di pensiero. Ma nello stile non si ispira ad esempi illustri che lo hanno preceduto, come Zelig di Woody Allen o This is Spinal Tap di Rob Reiner, film culto per gli amanti della commedia, il primo, e dell’hard rock il secondo. Caviglia sceglie come basso continuo la voce over di un narratore che è dentro gli eventi ma li racconta con lo stesso stupore del pubblico in sala, sottolineando ogni geniale idea del protagonista e ogni momento importante nella sua vita. Utilizzando la reductio ad absurdum, Caviglia prova a togliere un po’ di prosciutto dagli occhi dei benpensanti e degli idealisti dell’ultima ora, quelli che un giorno scrivono #jesuischarlie e il giorno successivo se la prendono se una vignetta prende di mira la loro religione; il risultato, però, non è degno dei tanti predecessori non solo cinematografici, uno su tutti Jonathan Swift che di sicuro non c’era andato leggero con la sua Modest Proposal di mangiare i bambini irlandesi per evitare che le numerose famiglie povere non avessero soldi per vivere. Ma il problema, per la riduzione all’assurdo, non è la violenza, bensì il radicamento e l’importanza del ragionamento portato avanti per la sua epoca; in questo Pecore in erba difetta non poco, presentando in forma di sketches da fotoromanzo una serie di situazioni più o meno divertenti che però non escono mai dai limiti del demenziale, rimanendo stretti fra le maglie di una comicità fine a se stessa che, se letta nel verso sbagliato, può essere anche dannosa (vedi la linea d’abbigliamento “Baci&breacci”). Unica nota positiva, che potrebbe diventare un piccolo cult, la rassegna di titoli di film antisemiti fatta da Gianni Canova, tra cui citerei, ad imperitura memoria, In fretta e Führer.
Pecore in erba [Italia 2015] REGIA Alberto Caviglia.
CAST Omero Antonutti, Carolina Crescentini, Francesco Pannofino, Lorenza Indovina, Bianca Nappi.
SCENEGGIATURA Alberto Caviglia, Benedetta Grasso. FOTOGRAFIA Andrea Locatelli. MUSICHE Pasquale Catalano.
Mockumentary, durata 87 minuti.