SPECIALE CANNIBALI!
Visioni dal profondo
Kon Ichicawa fu un autore indubbiamente eclettico. Passò dal cinema d’animazione alla commedia più spensierata, da film di guerra ai documentari sportivi, da film erotici a prodotti televisivi, disseminando ovunque sincerità e rigore.
Dopo essere stato uno dei protagonisti della “scoperta del cinema giapponese” da parte dell’occidente alla fine degli anni ‘50, grazie al sapiente sguardo della Mostra di Venezia, quando si ripropose con Fuochi nella pianura qualche anno più tardi la critica, in visibilio per L’arpa birmana (1956), si mostrò più fredda e diffidente. Disturbava un film così violentemente realistico, così degradante e malato. Erano occhi diversi quelli puntati sul cinema, oggi il cannibalismo è presente sottotraccia, e anche impudentemente in primo piano, in molte opere e non spaventa, anzi qualcuno ne è attratto. I passi di Tamura vagano sull’isola filippina di Leyte. Ha la tubercolosi e la sua squadra militare si rifiuta di sprecare cibo per lui. Siamo all’inizio del 1945 e gli Stati Uniti hanno ormai occupato la zona, migliaia di soldati giapponesi avanzano alla rinfusa nella Valle dell’Ormoc, non hanno nulla, non sanno nulla, neanche se la guerra è finita. Finite le scorte l’istinto di sopravvivenza non fa più distinguere la vita e la morte, gli uomini dalle scimmie. Tamura incontra un uomo che gli chiede di essere mangiato appena sarà morto, ma Tamura resiste e sfugge alla tentazione. Per lui la morte è già così presente che a nulla varrebbe dimenticare per l’attimo di un pasto il proprio essere Umano. In pianura spesso appaiono dei fuochi cui non sa attribuire un significato. Qualcuno gli dice che sono contadini che bruciano i resti della mietitura: c’è un mondo diverso lì in pianura, forse lì si conducono ancora “vite normali”. Nel finale aperto Tamura si avvia verso i fuochi ma nel percorso sviene, distrutto dalla sofferenza. Non sapremo mai se la ricerca di normalità è possibile o se è un miraggio lontano sempre pronto a disilludere. Per la preparazione del film gli attori furono sottoposti a diete strettissime, non potevano tagliarsi capelli, barba e unghie, tutto in vista di un estremo realismo. Lo stesso Funakoshi, interprete di Tamura, svenne sul set. C’è una ricerca di verità che non è tanto scenica – basti pensare alla scelta di girare in bianco e nero – quanto emozionale, le riprese erano al naturale, senza prove. Più volte si è accostata quest’opera alla poesia, ma non c’è lirismo bensì inquietudine, tensione senza metafore, un susseguirsi onirico di visioni che vanno oltre l’umano pur essendo visceralmente umane. Nel 2014 ne è stato girato un remake senza successo e di scarsa incisività.
Fuochi nella pianura [Nobi, Giappone 1959] REGIA Kon Ichicawa.
CAST Eiji Funakoshi, Osamu Takizawa, Mickey Curtis, Mantarô Ushio.
SCENEGGIATURA Natto Wada. FOTOGRAFIA Setsuo Kobayashi. MUSICHE Yasushi Akutagawa.
Guerra, durata 108 minuti.