Nessuno colpisce duro come la vita
Nel cinema di Antoine Fuqua il dialogo e la riflessione sembrano non esistere. Esistono le urla, le contrapposizioni manichee di Bene e Male, le caratterizzazioni estreme prive di sfumature.
Compendio di un sottogenere che nel corso dei decenni è stato rivoltato come un calzino, Southpaw – L’ultima sfida ricalca per l’ennesima volta la parabola “sportiva” di un essere umano che crolla a causa del destino cinico e baro per poi rinascere, facendo letteralmente a pugni con se stesso. La totale mancanza di originalità dell’intreccio deriva probabilmente dalle abnormi difficoltà produttive cui il progetto è andato incontro fin dalla sua genesi: nato nel 2010 come – udite udite – sequel di 8 Mile, il film ha nel corso dei 4 anni successivi assunto svariate forme narrative e dimensioni economiche, causa abbandono del protagonista Eminem e della casa distributrice (la DreamWorks) che ne aveva acquisito i diritti. Dalle proprie ceneri è risorta un’opera energetica e rabbiosa molto ma molto rap – pure troppo –, sceneggiata alla bell’e meglio da Kurt Sutter (creatore delle serie tv cult The Shield) e che da un punto di vista estetico-contenutistico è Fuqua-dipendente: quadrata e spigolosa, articolata in infinite scene madre divise a compartimenti stagni ed enfatica fino allo stordimento. A stupire più di ogni cosa è forse la curiosa ibridazione fra l’iperrealismo della messinscena e le grottesche esagerazioni di cui la vicenda è imbevuta fin dalla prima sequenza. Al pugile Billy Hope non manca nulla: è campione del mondo dei medio-massimi, ha una famiglia che lo ama alla follia e vive in una reggia. Tutti lo amano e tutti lo cercano, eppure il caro “The Great” è incacchiato col mondo, intrattabile e incapace di guardare ad un palmo dal proprio naso. Nonostante sia il suo pessimo modo di vivere a far presagire il peggio, è un evento dettato dal caso – un twist che eviteremo di anticipare, nonostante lo faccia già il trailer italiano – a distruggergli l’esistenza. Il dramma, affrontato con superficialità e sovraccarico di suoni, sudore, sangue e musica, travolge lo spettatore commuovendolo a colpi di déjà vu: gli allenamenti spartani ricordano quelli di Rocky, il nuovo mentore Forest Whitaker assomiglia dannatamente al Frankie Dunn di Million Dollar Baby, e nella continua tensione al fallimento riecheggiano i leit motiv di Città amara e The Wrestler. Potremmo definirli omaggi, ma più che altro assomigliano a frettolose imitazioni per dare spessore ad una trama convenzionale e lapalissiana, che nel rapporto fra il protagonista e la figlia sfocia nel ricatto emotivo e morale. E Jake Gyllenhaal? Ah già: dopo Lo sciacallo – Nightcrawler un’altra interpretazione da Oscar, che a maggior ragione assume i contorni del miracolo proprio perché calata nel mare di retorica (non inguardabile, ma ottusa) che le ruota attorno.
Southpaw – L’ultima sfida [Southpaw, USA 2015] REGIA Antoine Fuqua.
CAST Jake Gyllenhaal, Forest Whitaker, Rachel McAdams, 50 Cent.
SCENEGGIATURA Kurt Sutter. FOTOGRAFIA Mauro Fiore. MUSICHE James Horner, Eminem.
Drammatico/Sportivo, durata 124 minuti.