SPECIALE VALERIA GOLINO
Cinema e malattia
Sembra strano, ma nel 1988 il cinema americano non era ancora popolato da autistici geniali e asociali simpaticamente ossessivi (da Io sono Sam e Forrest Gump, fino a The Big Bang Theory e Sherlock). Un film come Rain Man dovette definire una mitologia nuova, spiegando le caratteristiche dell’autismo a un pubblico che non ne aveva mai sentito parlare. Barry Levinson ci è riuscito piuttosto bene poiché, dopo i quattro Oscar di Rain Man, le pellicole sull’argomento si sono moltiplicate esponenzialmente.
Charlie Babbitt (Tom Cruise) è uno yuppie senza scrupoli, operante nel settore delle macchine italiane di lusso. Dopo aver concluso una vendita importante, Charlie parte per un week-end ozioso in compagnia della sua ragazza italiana, Susanna (Valeria Golino, che riceverà una candidatura al Nastro d’Argento per l’interpretazione), ma l’improvvisa morte del padre lo costringe a fare inversione per presenziare al funerale. Charlie non riceverà i tre milioni di dollari di eredità che sono, invece, lasciati a un beneficiario anonimo, Raymond (Dustin Hoffman), il fratello segreto di Charlie, affetto da autismo (il cosiddetto high functioning autism, che non limita la capacità intellettiva ma solamente quella di rapportarsi con gli altri). “Non credo che le persone siano la sua priorità”, dice un custode della clinica dove vive Raymond, in una scena chiave che ci mostra la sua ossessione per gli oggetti personali, l’ordine e le consuetudini della vita. Charlie lo rapisce nella vana speranza di ottenere dai suoi tutori la parte di eredità che gli spetta. Raymond si trova, così, a fare esperienze nuove e terrificanti, tra l’insofferenza incomprensiva di suo fratello e il maternismo di Susanna. Si attiva un cortocircuito tragicomico in una serie di scene divenute imprescindibili: c’è quella in cui Raymond ascolta l’amplesso di Susanna e ne imita i versi (ripresa in Forrest Gump), quella in cui Raymond dimostra di avere uno straordinario talento per il calcolo matematico, la conseguente corsa a Las Vegas per sfruttare tale abilità nel gioco, e, ovviamente, tutte le sequenze che mostrano il suo impaccio nel rapportarsi con l’altro sesso. Rain Man è una storia dalla parabola convenzionale e che non nega una certa catarsi nel finale, ma non è mai mieloso e mantiene fino alla fine la sua sobrietà dello stile. È, inoltre, abbastanza realistico nel descrivere la fenomenologia di una malattia con la quale il pubblico non aveva ancora familiarità, complice anche la straordinaria interpretazione di Dustin Hoffman, quindi rappresenta un ottimo compromesso tra il realismo e le necessità drammatiche del racconto di finzione.
Rain Man – L’uomo della pioggia [Rain Man, USA 1988] REGIA Barry Levinson.
CAST Dustin Hoffman, Tom Cruise, Valeria Golino.
SCENEGGIATURA Ronald Bass, Barry Morrow. FOTOGRAFIA John Seale. MUSICHE Hans Zimmer.
Drammatico, durata 133 minuti.