SPECIALE VALERIA GOLINO
Backstreets
Tutto è partito da Highway Patrolman, nostalgica elegia in musica di Bruce Springsteen che utilizza l’afflato cinematico per comporre una ballata di disillusione nel violento Nebraska di sergenti di ferro e criminali senza scrupoli.
Poi, a distanza di nove anni dalla pubblicazione di Nebraska, sesto album in studio del Boss, è arrivato Sean Penn che ha ripreso la ballad cucendola addosso ai due fratelli, Joe (David Morse), integerrimo tutore della legge e Frank (Viggo Mortensen), canaglia irresponsabile con un traumatico trascorso da reduce alle spalle. Per interpretare Maria il regista chiama l’amica Valeria Golino, l’italiana dagli ipnotici occhi di ghiaccio e dal fascino mediterraneo che nel 1988 fu la cognata di Dustin Hoffman in Rain Man – L’uomo della pioggia. Nei campi medi che stringono in una morsa i personaggi non c’è posto per la natura selvaggia che rimane fuori, ma Penn guarda ugualmente “into the wild”, solo che si tratta qui di scrutare il tormento di anime inquiete accomunate dal senso opprimente della predestinazione. Il poliziotto di provincia Joe Roberts vive un’esistenza serafica con la moglie Maria e un figlio piccolo, fino a quando è costretto a uccidere un criminale dopo un inseguimento. Suo fratello Frank, appena uscito dal carcere, sta per tornare nella sua cittadina natale, ma l’“orrore” della guerra lo ha reso instabile e violento. Tra i due risorgono vecchi rancori che fanno a gara coi rimpianti di vite mai vissute; quella che avrebbe voluto assaporare Frank, ad esempio, lontano dai campi di battaglia o quella che si sarebbe aspettato Joe, senza le macchie di sangue di un omicidio sulla coscienza. Proprio sul confine tra bene e male si sofferma il film di Penn, imperfetto per qualche ingenuità di troppo – per uno stile “mostrativo” che lascia poco spazio all’evocazione e un’eccessiva dilatazione in fase di scrittura – ma schietto nel dare forma all’epopea di un’America gridata, chiassosa, a tratti volutamente grottesca. Tra bizzarre figure di contorno e ruvidi self made man spicca la “normalità” di Maria che vive ingenuamente sotto la protezione di un marito devoto e cura con amore il proprio indifeso figlio con pienezza materna e dedizione. Valeria Golino, non certo nuova a produzioni internazionali, dà vita in un paese che accoglie solo morte e conflitti fatali. Maria, come ogni altro personaggio, sembra cammini in cerchio, segnata come tutti dall’impossibilità di fuggire al proprio destino come il cervo della sequenza iniziale, braccato dal predatore che conosce in anticipo tutte le sue mosse e sa già come colpirlo. In fin dei conti Lupo solitario è, come la canzone di Springsteen, un film sulla predestinazione e sulla persistenza della memoria nella wilderness senza fine.
Lupo solitario [The Indian Runner, USA 1991] REGIA Sean Penn.
CAST Viggo Mortensen, David Morse, Charles Bronson, Valeria Golino, Dennis Hopper, Patricia Arquette.
SCENEGGIATURA Sean Penn. FOTOGRAFIA Anthony B. Richmond. MUSICHE Jack Nitzsche.
Drammatico, durata 126 minuti.