Corpi vendesi o in affitto?
Quando la morte si accinge a raggiungerci poco si può da fare, un timore al quale l’uomo fin dalle sue origini ha cercato di trovare rimedio. Immortalità o eterna giovinezza, quale delle due o forse entrambe. L’unica legge che ancora l’uomo non ha trovato il modo di aggirare, se non nel mondo della narrativa.
Ora ammettiamo che un’organizzazione scientifica trovi il modo di scambiare la propria coscienza e i ricordi in un altro corpo, un corpo vuoto ma perfettamente funzionante. Una sorta di muta insomma, non sarà proprio l’elisir della vita eterna, certo, e pur sempre di un aggiramento si tratta, ma chi si sottoponesse a questo intervento sostanzialmente avrebbe la possibilità di continuare a vivere coscientemente la propria esistenza con un corpo nuovo, giovane e non malato. Tutto quello insomma che l’anziano miliardario Damian Hale ormai aveva perso, malato irrimediabilmente di cancro, e la tentazione di sottoporsi a questa rivoluzionaria operazione gli diviene irresistibile. Nessun affetto da abbandonare, se non una figlia con cui il rapporto è irrimediabilmente compromesso, per un uomo già destinato a morire da solo. Self/less parte da questo spunto fantastico senza cercare mai di caratterizzare particolarmente il proprio protagonista che, come nel più classico degli esempi, solo in punto di morte si rende conto di quanto il suo potere terreno sia irrilevante di fronte alla morte e di quanto la sua vita affettiva sia stata sterile. È una redenzione quella che porta Damian Hale a vivere una seconda vita, soprattutto una volta scoperto che il corpo in cui si trova non è stato ricreato in laboratorio, come gli era stato detto, ma era di un ex militare con moglie e figlia. Con il passare del tempo i ricordi dei due inizieranno a sovrapporsi e con ciò anche il tono della pellicola cambia andando a ingolfarsi in una trama sempre più smaccatamente action-thriller. Self/less ha talmente tanta coerenza nel suo procedere narrativo da esser banale, tutto segue il più ovvio sviluppo drammaturgico, un vecchio miliardario malato solo in punto di morte si rende conto di quanto sterile è stata la sua vita, perciò il caso decide di dargliene un’altra per sistemare ciò in cui non era riuscito in precedenza. Insomma lo spunto della tecnica di muta del corpo al servizio di uno sviluppo tanto scialbo di certo non aiuta una pellicola che, in più di un’occasione, sembra non avere le idee chiare sul dove indirizzarsi. In tutto ciò, quello che forse delude di più in Self/less è che non si ritrova nulla delle scelte estetiche coraggiose e kitsch, di una commistione tra arte alta e bassa, tipiche del suo regista Tarsem Singh. Self/less è una pellicola che si perde nella sua prevedibilità, e nell’incapacità reale di coinvolgere emotivamente, spettacolarmente o intellettualmente lo spettatore.
Self/less [id., USA 2015] REGIA Tarsem Singh.
CAST Ryan Reynolds, Ben Kingsley, Natalie Martinez, Matthew Goode.
SCENEGGIATURA David Pastor, Àlex Pastor. FOTOGRAFIA Brendan Galvin. MUSICHE Dudu Aram, Antonio Pinto.
Thriller/Fantascienza, durata 117 minuti.